Gli Spazi lavorativi ai tempi del Coronavirus.

Storia a puntate di una rapida trasformazione. (1)

L’ emergenza coronavirus ha procurato una serie di effetti collaterali inaspettati tra cui quello di avere un forte impatto sull’accelerazione e diffusione dello smart working. Tale modalità lavorativa da remoto ha coinvolto improvvisamente utenti che erano impreparati a questa rivoluzione lavorativa ed ha pertanto messo in evidenza delle criticità che invece una lenta conversione rischiava di ignorare.

Un libro sulla gestione delle componenti mentali nello smart working

Un libro sulla gestione delle componenti mentali nello smart working

Lo Smart Working è un fenomeno annunciato già qualche decennio, ma regolamentato solo nel 2017 con la legge 18, frutto di una sperimentazione che progressivamente avrebbe delegato le attività più routinarie e ripetitive all'intelligenza artificiale, sottraendole agli obblighi dell'impiegato.

L‘avvento della pandemia ha abbattuto in modo dirompente (e anche traumatico) quelle barriere burocratiche che rallentavano questa rivoluzione, anticipando un cambio di assetto mentale (mindset) che tardava ad attuarsi. Tali questioni adesso impongono un immediato intervento regolatore perché una utenza nuova, inesperta, ma anche più allarmata e pressante, lo richiede. Oggi ci si trova ad affrontare improvvisamente questioni già anticipate dalla routine lavorativa tradizionale, e cioè quelle legate ad una gestione nuova del tempo e dello spazio lavorativo. In realtà le nuove evidenze scientifiche e le nuove teorie progettuali su di esse basate, sono già disponibili e solo una certa pigrizia culturale ostacolava il loro mettersi in gioco.

Immagine di G. Ascione

Immagine di G. Ascione

L'avvento della robotica e dell'intelligenza artificiale ha determinato un aumento generale dell’ingaggio cognitivo (Knowledge Working), cosa che ora richiede una maggiore consapevolezza del capitale mentale individuale e delle sue potenzialità migliorative, oltre che dei limiti salutogenici che bisogna rispettare.

Questo aumentato carico mentale nei confronti dei lavoratori tutti - smart e non - esige dei tempi lavorativi che devono essere riconsiderati e riorganizzati in modo compresso e ridistribuito, alla luce delle nuove ergonomie cognitive e dei nuovi contesti da coordinare. (1)

L’emergenza ha creato  tanti lavoratori smart improvvisati, ma indirettamente ha anche esasperato delle criticità dell’ambiente lavorativo in genere, che sia esso arrangiato nel proprio ambiente domestico o che sia quello delle sedi ufficiali aziendali.

Ci siamo resi conto che, nonostante la convivenza continua con la famiglia ci sottoponga  a stressor (interferenze e interruzioni) che equivalgono a più open space messi insieme, riusciamo a volte a ottenere buoni risultati alla fine della sessione lavorativa, nonostante il tempo  effettivamente  dedicato  ci sia sembrato poco. Cosa è successo?

Stare lontani dagli uffici tradizionali ci ha sicuramente restituito il tempo perso a rincorrere le paranoie da conflitto e le pause caffè necessarie al recupero di burn-out o rimuginii, ma le interferenze dei familiari (sia figli che partner) non sono da meno. Inoltre non si può nemmeno pensare che il multitasking in famiglia possa funzionare solo perché facilitato da una armoniosa condivisione di visioni, regole ed intenti.   Le neuroscienze assolutamente non hanno dubbi a riguardo: il multitasking è una pura illusione e non è applicabile in nessuna condizione, tanto che quando si crede di fare più cose contemporaneamente in realtà si commettono solo più errori o comunque si lavora più lentamente.

Stressor da lavoro

Stressor da lavoro

E se c’è chi pensa di essere un genio e di poter risolvere con il multi-tasking  l’aumentato carico cognitivo di cui parlavamo prima, c’è un interessante articolo scientifico che attribuisce a queste persone l’appellativo di “pericolose”, perché pare che l’individuo tenda a sovrastimare le proprie abilità, soprattutto quando si tratta di salute fisica, intelligenza e popolarità.

Ritornando quindi alla domanda precedente, dove si è trovato il tempo di finire il lavoro?

Molto probabilmente, se chiedessimo agli smart worker dell’emergenza, alle mamme insegnanti oppure ai papà designer, questi risponderebbero che sono ricorsi ad alcune ore rubate al risveglio, oppure hanno tratto vantaggio da tanti piccoli intervalli di tranquillità totale segretamente spesi in ripostiglio.

 Questa nuova categoria di tele-lavoratori, privi di esperienza nel campo, più ingenui ma anche liberi dal pregiudizio, costituiscono una prova di valutazione e validazione molto attendibile, che aiuta a velocizzare un percorso di conversione del concetto di contesto lavorativo che non riguarda solo il lavoro agile dentro le mura domestiche, ma interessa il futuro molto prossimo degli uffici tutti, che dopo la fine della pandemia, ci auguriamo ritornino a funzionare in modo più salubre, efficace ed efficiente di prima. Concentrazione, attenzione, memoria di lavoro, soluzione di problemi, default mode, sono tutti componenti di una attività mentale creativa e quindi produttiva, che richiede tempistiche ben precise.

Il mattino ha l’oro in bocca, si dice spesso. E la scienza è d’accordo, ma tante ancora  sono le verità da sapere sulla sapiente gestione del tempo e dello spazio.

Alla prossima puntata.

Smart Working Mind , Strategie e opportunità del lavoro agile, N. De Pisapia, Mi. Vignoli , Il Mulino* (farsi un’idea) 2021.

 

 

 

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

La rinnovata consapevolezza di essere rilevatori di cielo

L’evidenza scientifica ha in più occasioni  provato l’importanza che le passegiate all’aria aperta ed i bagni di luce naturale hanno per la rigenerazione psicofisica nella routine lavorativa e scolastica, e numerosi sono gli articoli prodotti sul tema.

Ragazzo, cielo e mare . Foto by N. De Pisapia

Ragazzo, cielo e mare . Foto by N. De Pisapia

Eppure adesso capita che sia proprio una emergenza sanitaria, questa del Coronavirus, ad interrompere un’ abitudine fondamentale per il nostro benessere, e a costringerci a rimanere, a tempo indeterminato, dentro le mura domestiche. Succede così che ciò che prima sembrava quasi un’imposizione, una prescrizione del medico, ora si trasforma in istinto personale  che è difficile domare.

E’ una rinnovata consapevolezza del nostro essere profondamente affiliati alla natura, che ritengo essere uno degli effetti positivi di questa emergenza Coronavirus. Ma cosa scatena il nostro istinto a uscire fuori degli ambienti confinati? E cosa accade al nostro organismo quando ci troviamo all’aperto?

L’uomo è soprattutto un rilevatore di luce blu, il che significa che una dose di luce ben definita, per quantità, qualità, direzione, e tempismo, risponde a precise esigenze neurofisiologiche, e sopra tutte quella di mantenere in carica il nostro orologio biologico. La parola entrainment, usata più in cronobiologia, indica l’effetto che, attraverso gli occhi, lo stimolo luminoso sortisce sul nostro sistema-corpo, per renderlo allineato con l’ambiente circostante e quindi coordinare il ritmo circadiano. In tedesco si usa il termine  zeitgebers , cioè “che dà il tempo”, ed in italiano possiamo tradurla con sincronizzazione.  

Salaattesa all’aeroporto . Foto di N. De Pisapia

Salaattesa all’aeroporto . Foto di N. De Pisapia

Quando effettuiamo voli transoceanici, quelli che ci permettono di assistere ai  tramonti o albe interminabili, il nostro orologio si guasta, o meglio si sposta in avanti o indietro, a seconda della situazione.  Conosciamo l’effetto devastante di un jet-lag, ma non ci rendiamo conto di quanto a volte anche situazioni meno drastiche, più lente e perpetuate possano essere logoranti. Gli effetti negativi sono meno avvertiti quando trascorriamo molto tempo diurno in ambienti scarsamente illuminati, oppure quando ci esponiamo a forti luminosità nelle ore serali. Il nostro corpo si adatta, ma a quale costo?

Il ritmo circadiano, l’ingranaggio principale che regola il ciclo veglia-sonno, è concatenato a sua volta con altri sub-ingranaggi quali la digestione, la produzione ormonale, la pressione sanguigna, la temperatura corporea, ecc.. Questi sono tutti ritmi endogeni, cioè avvengono comunque e indipendentemente dai segnali esterni sincronizzanti, ma se lo sfasamento si perpetua nel tempo succede che inizialmente la stanchezza, poi la depressione e poi le sindromi legate a patologie vere e proprie si manifestino in modo inesorabile e devastante.

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 La luce è il segnale più importante ed efficace che abbiamo, anche se non l’unico. La regolamentazione dei pasti, un’adeguata attività fisica sono altri importanti fattori comportamentali che assicurano il buon funzionamento dell’organismo. Rimane il fatto che il nostro fisico reagisce come una cartina al tornasole, cioè risulta evidentemente resettato/ricaricato da una passeggiata all’aperto in pieno giorno. I fotorecettori dell’occhio, non a caso quelli collocati nella parte bassa, in determinate ore del giorno sono sensibili alla cupola di cielo sovrastante, e, sembra strano, lo sono anche quando il tempo è uggioso. Spaventati ulteriormente da questa quarantena? Non è il caso di esserlo, tanto basta che alloggiate nei punti più luminosi della casa, oppure che vi affacciate alle finestre per quel tempo minimo e sufficiente a farvi sentire più energetici e ricaricati.

Neuroarchitettura a Scuola : Primi Passi del Protocollo

La Neuro-architettura è una disciplina ancora prevalentemente teorica. Essa si basa su principi di evidenza scientifica per valorizzare le potenzialità osmotiche degli spazi costruiti, cioè per creare ambienti rigeneranti e strumentali per lo svolgimento delle attività ospitate. Purtroppo capita che laddove il confronto interdisciplinare e la ricerca trovano consenso ed entusiasmi, nasce la perplessità su come affrontare la fase successiva, e passare dalle parole ai fatti, per confrontarsi finalmente con un mondo delle costruzioni fatto anche di norme, vincoli e soprattutto pregiudizi.

Il cortile /giardino a sud con la seduta-nastro che collega l’atrio con l’esterno

Il cortile /giardino a sud con la seduta-nastro che collega l’atrio con l’esterno

La progettazione della scuola a Palù (VR) è una occasione ghiotta perché riguarda l’ utenza legata alla fascia dell’età evolutiva,  che è estremamente reattiva agli input dell’ambiente circostante.

Le difficoltà non esitano a presentarsi sin dal primo momento. Le normative nazionali più che le direttive locali dettano vincoli volumetrici, ed il budget si presenta piuttosto contenuto.  L’aspetto positivo? L’entusiasmo e la buona volontà delle architette di Alighieri 50, e di alcuni membri della committenza, che hanno creduto fortemente in una progettazione integrata, mirata ad una qualità esperibile non solo a livello estetico e funzionale, ma in modo più profondo, viscerale e a lungo termine.

Inserimento dell’edificio nel territorio

Inserimento dell’edificio nel territorio

Il contesto territoriale anche rappresenta un punto a favore, poiché assicura una buona qualità dell’aria, una ottima vista del paesaggio e abbondante illuminazione naturale, nel rispetto del ritmo circadiano. Un orto didattico autogestito, il giardino/cortile a sud/ovest e un frutteto privato poco distante sono una ottima fonte di odori e profumi che non solo stimolano l’approccio conoscitivo multisensoriale dei bimbi, ma aiuta nella consapevolezza ambientale.  

Il plesso scolastico, che comprende una sezione elementare ed una materna, rappresenta, a livello territoriale, una grande opportunità anche per arricchire il tessuto sociale, attraverso la politica dell’intersettorialtà e delle sinergie tra le diverse attività comunitarie.

L’approccio progettuale, e quindi la scelta distributiva delle diverse sub-attività, non sono frutto esclusivo di una logica funzionale, ma il risultato di un'analisi approfondita e distinta del comportamento dei bambini, dei docenti e del personale ATA. C’è alla base una volontà di creare aspettative ritmate da sorprese e conferme, e di rispondere all’esigenza di un processo di sviluppo mentale e sensoriale non ancora completo, che per i bimbi più piccoli è solo all’inizio.

L’atrio di ingresso, situato nella sezione elementare ad est, ha richiesto un’attenzione particolare nel dover conciliare il carattere di “spazio rappresentativo polifunzionale” e l’esigenza di ottimizzare l’esperienza per le utenze diverse e nelle diverse occasioni. Esso è preceduto da un ingresso volutamente compresso (l’altezza è ridotta e una luce rossa lo pervade) che aiuta a costruire la giusta aspettativa e quindi l’effetto sorpresa dello stesso.  L’improvvisa dilatazione del volume si armonizza con la luce diffusa proveniente dall’alto, in un gioco di contrasti e di forme più fluide dell’elemento vasca, che lo distingue fortemente dal resto del connettivo. Lo specchio d’acqua, in asse con il cono di luce del lucernario, enfatizza la presenza della natura all’interno, oltre che creare un dialogo diretto con l’esterno grazie alla seduta a nastro che, replicando la stessa curva, guida lo sguardo fuori, fino al giardino a sud.

Scorcio dell'atrio e -da sx - l’accesso alla mensa, l'ingresso, l’area polifunzionale e la reception desk .

Scorcio dell'atrio e -da sx - l’accesso alla mensa, l'ingresso, l’area polifunzionale e la reception desk .

Un’aura di pacata autorevolezza, assolutamente non di autorità, investe quindi lo spazio di accoglienza, come una sorta di manifesto che induce i bimbi più grandi alla consapevolezza del percorso di crescita e di maturità rispetto ai primi anni della scuola materna.

Il senso dell’orientamento, importante quanto l’educazione alle forme, ai colori e alle profondità spaziali, richiede una intelligibilità dell’intero spazio che ne faciliti lo sviluppo. Per questo motivo è stata adottata una geometria di base regolare e semplice, con una percorrenza principale altamente intellegibile anche se mai scontata.  I corridoi, dai colori neutri dall’effetto calmante, vengono in più punti interrotti e dilatati, trasformandosi da luoghi di mero passaggio in opportunità di riflessione autonoma e/ confronto a due, utili per il superamento di quegli occasionali momenti di disagio emotivo. Grazie alla cura del dettaglio offerto da un arredo dedicato e da una illuminazione fatta di fasci luminosi diversamente direzionati (siano essi naturali o non), questi sottospazi riescono a offrire il giusto livello di privacy ed intimità, appartando ma non isolando dal contesto.

Le forme libere dei soffitti e dei pannelli fonoassorbenti offrono indizi di profondità

Le forme libere dei soffitti e dei pannelli fonoassorbenti offrono indizi di profondità

Le aule didattiche sono differenziate tra loro per creare esperienze uniche che, adeguate alla fase di crescita, possano cadenzare il passare del tempo e sedimentare una ricca memoria storica.

Nella sezione materna si ricorre a stimolazioni più forti, grazie all’uso di colori più vivaci e saturi e all’adozione di un impianto planimetrico che rompe gli schemi tradizionali. Cinque lati, e non quattro, aiutano quindi a creare un’esperienza spaziale più articolata.In questa ottica di geometrie libere le altezze dei soffitti sono variabili, e accade che a volte questi ultimi si inclinino in prossimità della finestra, per creare giochi di riflessi inusuali e per stimolare la curiosità. Un gioco di nicchie lungo le pareti, particolarmente ricco nella sala dedicata alle pratiche meditative e al riposo, offre un’esperienza insolita di rifugio che, secondo i principi dei design biofilico, aiuta nella costruzione della fiducia in se stessi esd è risolutiva nei momenti di iperattività.

Chi ha paura del buio?

C'è un grande bisogno di spazi antropizzati che ci confortino, ci regalino opportunità di riflessione e introspezione. Le città esistono da diversi millenni ed hanno sempre rappresentato, pur nella loro semplice organizzazione, realtà fisiche che costruiscono e confermano la nostra identità spirituale, sociale e culturale. Eppure negli ultimi decenni i centri urbani si stanno trasformando in meri sistemi di collegamento tra residenze, attività e servizi, in cui si innescano silenziosi dei fattori stressanti che cronicizzano e si trasformano in nevrosi e schizofrenie

Budapest al crepuscolo . Foto di Giulia Ascione

Budapest al crepuscolo . Foto di Giulia Ascione

I percorsi urbani sono efficaci nel forgiare la nostra esperienza quotidiana e di vita perché avvengono con una sistemicità e costanza maggiori rispetto alle più rigeneranti ma sporadiche esperienze naturalistiche.   L’ipotesi biofilica ci spiega quanto benefico e quindi necessario sia arricchire il paesaggio urbano con elementi naturali, quali l’acqua e il verde, ma poco si parla di quanto sia pericoloso privare l’uomo di una esperienza fondamentale per il suo metabolismo e sistema fisiologico: il buio.

Il buio è diventato il capro espiatorio del fenomeno di degrado di molte aree urbane, poiché le zone scarsamente illuminate registrano una più alta percezione del rischio e un conseguente fenomeno di desertificazione e quindi di degrado. La illuminazione notturna è diventata una discriminante per la qualità di vita di un quartiere: più le zone sono illuminate più sono invitanti e maggiore è il successo garantito per le attività commerciali. Il bagliore delle aree metropolitane di oggi produce una luce diffusa su scala territoriale di 4 lux, che equivale a 4 volte il bagliore generato dalla luna piena e oltre 100 volte l’illuminazione del cielo stellato. Una condizione luminosa che stravolge quelle che sarebbero le condizioni naturali e che ha un forte impatto sulla nostra psiche e sul nostro fisico.

Il nostro sistema visivo è stato programmato per una visione fotopica (diurna), ma anche per una visione scotopica (notturna). L’occhio umano presenta sul fondo della retina due tipi di fotorecettori distinti per queste due modalità percettive. I coni ci restituiscono i colori, le forme, i dettagli della vista centrale, mentre i bastoncelli ci aiutano a cogliere il movimento e la vista periferica, e percepire la realtà circostante in condizione di scarsa illuminazione, quale può essere quella offerta dal cielo notturno.

Ma la vita offre ancora esperienza del buio? O questa è un’altra condizione naturale importante che ci viene negata? Ritornando a quanto detto all’inizio, cioè al nostro bisogno di ricevere conforto dall’ambiente in cui viviamo, c’è da dire che il concetto di oscurità è strettamente legato all’esperienza del silenzio, del vago e quindi della tranquillità.

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Do we need a little more darkness to challenge ourselves to adapt, and perceive more?

 (trad.: “Abbiamo bisogno di maggiore oscurità per adattarci a essa e percepire di più ?”) E’ una domanda che la lighting designer C. Tomara pone in un suo articolo sull’evento PLDC2019, in particolare per l’installazione della Dark Art Room. L’autrice intende sottolineare quanto sia meravigliosa e nel contempo sconosciuta la nostra capacità visiva di adattarsi al buio. La sua riflessione mi ha rimandanto a una diversa e personale considerazione, basata su una esperienza di qualche tempo fa, quando mi sono ritrovata a percorrere una strada della mia città di origine, completamente al buio a causa di un blackout temporaneo. In quel momento ho avvertito forte l’invito a proseguire il cammino nonostante il buio mi cogliesse impreparata, la sensazione di incertezza e titubanza si è subito trasformata in un forte impulso a investigare questa insolita condizione (nuova, o solamente dimenticata). La familiarità della strada ha sicuramente contribuito ad eliminare ogni indugio a percorrerla, dissipando la percezione del pericolo, e aiutandomi a godere, invece, della sensazione positiva di quiete. Ho avvertito forte il contatto con la natura e la positività di una esperienza rincuorante, nonostante fossi immersa in volumetrie di cemento, sentissi l'asfalto sotto i piedi e mi sfiorassero le automobili. 

Una sensazione molto simile l’ho provata, già adulta, quando ho avuto la mia prima esperienza con la nebbia. L’impossibilità di percepire i dettagli delle forme degli oggetti e l’essere pervasa da una luce diffusa che non restituisce alcuna profondità del campo visivo, estranea dal mondo esterno e induce ad un dialogo con se stessi.

STrade nella nebbia

STrade nella nebbia

La scienza può dare delle spiegazioni a questo fenomeno di empatia. Durante la fase preliminare all’addormentamento, o anche quella del sogno ad occhi aperti, l'elettroencefalografia (EEG), che registra l'attività elettrica dell'encefalo, rileva un’accentuata attività delle onde alfa in concomitanza con un certo torpore visivo. Quindi possiamo assumere che, viceversa, creando il torpore nella visione si possano innescare stati mentali pseudo onirici. La spiegazione potrebbe essere nel fatto che una scarsa restituzione dei dettagli, delle sagome e del contrasto, che una luce diffusa su tutto il nostro campo visivo determina, ci porta in una dimensione che non aderisce alla realtà come normalmente la percepiamo, perché non è tipica dell’esperienza quotidiana. L’esperienza visiva nella nebbia diurna non è né la visione scotopica - perché non si tratta di buio - né consente la visione centrale, capace di restituire i dettagli ed i colori delle cose. Tutto viene quindi sfumato in una dimensione atemporale e aspaziale che induce inevitabilmente ad una meditativa introspezione, ancora più di quanto possa fare il buio.

La differenza tra l’esperienza al buio e con la nebbia sta nel fatto che nel primo caso si può contare su minimi riferimenti dello spazio: un’illuminazione di soli 0,006 Lux, che è quella tipica della notte con cielo stellato, ci permette, attraverso la lenta ma efficace attivazione dei bastoncelli, di percepire le sagome, i contorni, i movimenti e quindi leggere e decodificare la cinematica corporea delle persone intorno e tradurle in intenzioni e in emozioni. Il nostro essere animali sociali ci predispone all’interpretazione dei set visivi, in una sorta di elaborazione simultanea dei rilevatori di caratteristiche (elementi oggettivi della scena visiva) e della corteccia visiva associativa che combina la scena ai ricordi e alle conoscenze.

La illuminazione urbana, alla luce delle conoscenze psicofisiologiche, deve saper promuovere l’uso positivo dell’oscurità come strumento progettuale e cogliere l’opportunità di saper gestire i messaggi reali e mediarli con quelli indotti e sussurrati per restituire un set visivo quanto più rassicurante possibile, e trasformare l’esperienza dell’oscurità da unicamente minacciosa a una positiva occasione di rilassante dialogo con se stessi.

Non dobbiamo avere paura del buio e non solo perché ne abbiamo bisogno per addormentarci e continuamente allineare il nostro ritmo circadiano, ma anche perché disponiamo degli strumenti adatti per relazionarci con esso. Abbiamo bisogno del buio per non lasciare che parti del nostro corpo si atrofizzino e soprattutto per scrutare molto di più fuori e dentro di noi.

"Affordance" in architettura

Affordance significa invito

Esiste una forte analogia tra il design degli oggetti ed il design degli spazi, nonostante spesso i due campi di applicazione sembrano appartenere a due modi molto distanti tra loro, a causa di dinamiche economiche e di mercato molto diversi.

Affaccio sul golfo, Certosa San MArtino- NApoli . foto n. de pisapia

Affaccio sul golfo, Certosa San MArtino- NApoli . foto n. de pisapia

 Tale analogia si evidenzia attraverso il concetto di affordance..

Affordance significa invito, cioè  la capacità di capire la relazione che c'è tra l'utente e l'oggetto, nel caso del design del prodotto, oppure tra l'utente e lo spazio, nel caso del design dello spazio.

Nonostante il termine sia diffuso soprattutto nell’ambito del design industriale, il concetto si forma e si sviluppa in considerazione del rapporto tra gli esseri viventi e la natura. Un ciglio di una roccia che si sporge su uno strapiombo ha una sua specifica affordance per noi esseri umani: essa ci comunica di stare attenti e di fermarci, e di assumere determinante posture che non ci mettano a rischio di vita. Per un uccello lo stesso luogo può essere un invito a spiccare il volo per perlustrare la vallata che è oltre.

Il concetto di affordance è costantemente applicato allo spazio costruito in scala architettonica, ma non in modo pienamente consapevole. Esso si applica in modo automatico, attraverso il  perpetrarsi di tipologie validate e confermate nel tempo, a volte con profonda cognizione dei significati insiti,  altre volte (e questo è più il caso degli ultimi decenni) imposte dalle regole di mercato e di tendenze che poco hanno a che fare con le considerazioni sull’effettiva efficacia che i vari fattori spaziali possano avere per la nostra esperienza legata al luogo.  Spesso viene a mancare la consapevolezza del profondo legame che unisce lo spazio alla sua destinazione di uso, la metodologia progettuale rivela tale importante omissione con lo scarso successo dello spazio stesso, in termini di qualità di esperienza di vita e quindi anche di qualità estetica.

Eppure prima che i recenti sistemi di indagine e monitoraggio delle nostre reazioni cerebrali fossero disponibili,  grandi architetti del movimento moderno hanno approfondito queste tematiche e hanno avuto geniali intuizioni. Un esempio sono gli interni di Fallingwater, con i corridoi molto stretti e bassi che collegano le camere della zona notte, le cui dimensioni ridotte rispetto al resto della casa non possono lasciare indifferenti. Tale scelta è il  risultato di un profonda riflessione sulle sensazioni effimere ma profonde che caratterizzano il movimento nel luogo domestico e quindi il modo di percepire e vivere lo stesso, al di là delle considerazioni strettamente fisiche legate all’accessibilità (importantissime ma non le uniche a decretare la buona funzionalità).

ingresso LAtrina a 45 gradi in villa San MArco di Stabia .NA. foto G. Ascione

ingresso LAtrina a 45 gradi in villa San MArco di Stabia .NA. foto G. Ascione

E’ probabile che tale approccio abbia avuto a sua volta influenze dall’architettura greco-romana, nelle scelte progettuali adottate nelle ville fuori città (Villa San Marco di Castellammare di Stabia –nella foto), le quali adottano schemi più liberi, planimetrie e volumetrie fluide a risolvere e rispondere a esigenze molto particolari e più sofisticate. Anche qui infatti si ricorre a dilatazioni e restringimenti dei volumi, geometrie innovative, che rompono con le tendenze e le regole dell’epoca, e sembrano soddisfare egregiamente le aspettative di chi le vive, inviando messaggi sulle azioni da svolgere e sugli stati mentali propedeutici a tali azioni.

Quali indagini affronterebbero gli architetti del passato recente e trapassato se fossero attivi oggi ? Come accoglierebbero la disponibilità di strumenti scientifici capaci di misurare le reazioni psicologiche ed emozionali degli utenti di uno spazio progettato?  Quanti nuovi significati avrebbero creato e validato?

Il concetto di affordance rappresenta un valido strumento per giocare con gli spazi e creare esperienze del luogo molto ricche, perché i suggerimenti e gli inviti a compiere determinati gesti e azioni possono essere reali, ingannevoli, ambigui. L’importante è sapere usare bene il linguaggio spaziale per riuscire in ogni singolo scopo, premesso che la scelta degli scopi sia opportuna, rispettosa del benessere di chi dovrà occupare lo spazio e fatta  in piena libertà rispetto alle tendenze stilistiche e tecnologiche.

La distinzione tra spazio pubblico e privato è fondamentale per la buona riuscita del progetto  e nell’applicazione di questo approccio alternativo. Basti pensare al fattore “navigazione” che, se nel privato induce ad una familiarità del luogo raggiungibile dopo un minimo sforzo mnemonico iniziale, nell’ambito pubblico è causa di stress poiché il rapporto non continuativo con lo spazio non dà tempo alla memorizzazione. In tal caso l’uso e il dosaggio dei segni e significati del progetto sono altri elementi necessari, perché sono un indizio ulteriore al nostro processo cognitivo di interiorizzazione dello spazio. Una maggiore conoscenza e padronanza nell’orientamento si traduce in una maggiore rilassatezza nell’approccio al luogo e di conseguenza un maggiore apprezzamento dello stesso.

foto n. de pisapia

foto n. de pisapia

Non è forse questo che si chiede ai nuovi spazi urbani ?

E non sono anche tutti i fattori sopra considerati elementi necessari a dare credibilità e attrattiva ad un luogo nel lungo termine, dopo che gi effetti di meraviglia e di stupore  - anch’essi importanti e tipici del primo impatto -  si estinguono ?  







La neuro-vacanza. Se non è neuro che vacanza è ?

Oggi voglio parlare di tutto quello che si può fare per migliorare il nostro benessere, ma senza necessariamente ricorrere alla progettazione architettonica degli spazi confinati, quanto piuttosto usufruendo semplicemente della libertà di azione che la stagione estiva ci offre, sia per il tempo libero a disposizione, sia per le condizioni meteorologiche favorevoli.

I momenti di riflessionie e crescita. —- Foto di N. De Pisapia

I momenti di riflessionie e crescita. —- Foto di N. De Pisapia

 Cosa intende neuroarchitectura per “neuro-vacanza” ?

Cominciamo con l’analizzare il nome vacanza, che indica una condizione dell’essere vacante, vuoto. La vacanza è quindi l’opportunità di fare un cambio di contenuti della nostra esperienza di vita, di eliminare il tossico e sostituirlo con dosi di nuova vitalità.

La parte neuro indica proprio l’attenzione all’opportunità di rigenerazione neurofisiologica che il periodo di “ferie” offre. Per prima cosa possiamo rivedere il luogo comune secondo il quale l’essere umano contemporaneo passa il 90% del suo tempo negli spazi chiusi : per almeno un paio di settimane in estate questa condizione può essere facilmente modificata se non ribaltata.

Tutti coloro che vivono nelle fasce temperate dell’emisfero boreale del nostro pianeta avranno maggiori possibilità ed occasioni di passeggiare all’ aperto, nella natura, che sia il mare o la montagna, ma anche di fare esperienze corporee e sensoriali inusuali e di grande impatto.

Prendiamo, per esempio, la condizione di trovarsi in riva al mare, o su una barca, o addirittura di nuotare nelle acque alte al largo dalla costa. Senza andare troppo nei dettagli delle esperienze sensoriali più nascoste e sottili, è facile prefigurarsi che, nel caso di una passeggiata lungo la riva, il nostro corpo sia costretto a deambulare in modo diverso, perché la consistenza del suolo sotto i piedi è diversa. La sabbia è morbida e cede, e, se si tratta di una spiaggia con sassi o grossi massi, siamo costretti ad un continuo gioco di bilanciamento del corpo. Un gioco di equilibrio ancora più estremo è quello che si affronta nella barca, sui pontili.Se i nostri piedi sono nudi, riconosciamo i diverse materiali calpestati, i quali ci inviano input che si aggiungono ai consueti impulsi sonori e visivi.

Nuotare è un’altra esperienza fantastica. In un articolo di un po’ di tempo fa, si è già parlato della ricchissima esperienza di spinta e pressione corporea avvertita quando siamo immersi in grandi bacini di acqua, che non può essere uguagliata dalla sensazione provata sotto una doccia o in una vasca da bagno del proprio appartamento (nonostante queste rappresentino comunque dei momenti rigenerativi).

Vacanzieri un po’ più coraggiosi proveranno a lanciarsi nel vuoto con il parapendio, e faranno esperienza del volo, e della caduta libera, oltre che ammirare dall’ alto l’orografia del territorio , e di cogliere il paesaggio in una modalità che non è propria dell’uomo. Egli , in quanto animale bipede che non va oltre i 10 m/h quando ha un’andatura rilassata, generalmente è limitato nell’ esplorazione dei suoi micro-spazi,

Insolita, ma più accessibile, è anche la percezione della costa quando osiamo allontanarci a nuoto da essa, cioè quando ci ritroviamo immersi in una profonda solitudine che restituisce i suoni del nostro corpo in modo dominante rispetto a quelli della natura intorno a noi.

L’estate è quindi una grande opportunità per esperire una diversa consapevolezza della nostra esistenza, poiché finalmente ci sentiamo parte dell’ecosistema ed in armonia con esso, e quindi rigenerati. Effettuare quella sorta di “zoom-out” dalle cose e dai concetti ci permette di crescere emotivamente e intellettivamente, senza dover passare necessariamente attraverso le nozioni scritte o udite.

Che dire quindi delle programmate visite museali nelle importanti città culturali di riferimento ? Visitare le architetture di eccellenza e testare il loro effettivo valore in una condzione di rilassatezza, ci permette di fare valutazioni più di pancia, e di usare una chiave di lettura più consona alla propria storia e alle proprie esigenze.

Firenze: Gelati Magnum in primo piano e sullo sfondo la chiesa di Santa Maria in Fiore

Firenze: Gelati Magnum in primo piano e sullo sfondo la chiesa di Santa Maria in Fiore

Non vogliamo decretare la fine delle cosidette vacanze intelligenti, quanto piuttosto prendere coscienza di quanto la pausa estiva sia un’opportunità per riappropriarci del nostro essere animali erranti, cioè di quello che aveva segnato la nostra evoluzione psico-fisica prima che la sedentarietà decretasse la nascita delle città e l’inizio del processo di antropizzazione del paesaggio.

Quando siamo in vacanza rovesciamo il nostro punto di vista, respiriamo meno VOC, o almeno non sempre quello dello stesso tipo. La luce che illumina i nostri spazi è per la maggior parte del tempo quella solare, ed i suoni naturali che ci investono aumentano. Le voci umane e i loro volti saranno spesso associati a memorie antiche, ma poi si riveleranno sempre meno scontate. Le aspettative su quanto ascoltato e visto saranno disattese e lasceranno il posto alla curiosità e quindi alla sorpresa.

Buone vacanze quindi, e che i vostri recettori e neuroni trasmettano segnali nuovi, per nuove combinazioni neuronali, in un corpo e una mente rigenerati, in cui gli eventi stressanti lasciano il posto alla meraviglia di aver raggiunto un nuovo e positivo equilibrio.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Lampada SMART+ : Ready, Steady ... Focus !

In occasione di Euroluce 2019 Rotaliana Srl presenta a Milano (1) una lampada veramente innovativa. Smart+ è una task light non  solo degna di tutti i tags del momento legati all’industria illuminotecnica (IoT, smart light, sensoristica, umano-centrico, ritmo circadiano, luce biodinamica, LED, AI) ma è anche, e soprattutto, uno strumento per il benessere. E’ stato interessante e soddisfacente collaborare, per conto di Neocogita Srl, con un team multidisciplinare che annovera, oltre alla società trentina coordinata dal gruppo MEZZALIRA, lo studio di design Habits di MIlano e la società di comunicazione Graffiti 2000 S.r.l. di Riva del Garda.

Smart+ in ufficio. IMG. perhaps.adv

Smart+ in ufficio. IMG. perhaps.adv

Il nome Smart+ è stato scelto non solo in riferimento ai contenuti tecnologici della lampada, ma anche per esprimere la missione ed il concept alla base del progetto. Quando è in modalità focus, la lampada diventa un supporto per la concentrazione, cioè quella attività cognitiva necessaria quando dobbiamo essere produttivi, risolutivi  o semplicemente  esecutivi, che siamo  in ufficio o a casa

In questa epoca tecnologica, che spesso ci esige iper-performanti, operativi al limite delle nostre potenzialità, è giusto che si pensi di usare la tecnologia anche per renderci consapevoli di quali siano gli equilibri da rispettare ed i limiti di un comportamento salubre. Il nostro benessere mentale e fisico è essenziale per consentire una produttività a lungo termine. Conoscere  il rapporto viscerale che abbiamo con la natura e la luce naturale significa conoscere e rispettare i nostri limiti, e quindi dosare i nostri sforzi.

Smart+ è una luce dinamica nella sua intensità, distribuzione e colore. Per colore non si intende solo la sua temperatura di colore (calda o fredda) ma la sua composizione spettrale, capace di assecondare  la variabilità dell'efficacia circadiana lungo il corso della giornata e quindi di rispettare il nostro orologio biologico.

 Difficile spiegare con le sole parole come la complessità progettuale di questa lampada si traduca  in naturalezza della sua emissione luminosa ed in immediato comfort percepito dopo il suo utilizzo.

Il comando su lampada .Immagine di Perhaps Adv

Il comando su lampada .

Immagine di Perhaps Adv

Smart+  si avvale di una duplice sorgente LED che varia di intensità, cono di emissione , diagramma spettrale e quindi temperatura di colore, e non solo per cogliere  la  dinamicità della luce naturale, ma anche per individuare i diversi profili di utenza e  accompagnare, stimolare e modulare, per ciascuno di essi, il lavoro di concentrazione. Si tratta di un delicato gioco di calibratura - tramite raccolta e interpretazione dati - e di  controllo, per un programma  dell'output luminoso che tiene conto delle distinte esigenze e propensioni.

Un'applicazione dedicata, con l'uso affiancato dello smartphone, rende disponibile un più ampio registro di dati ed una reportistica utile sia perché restituisce un profilo utente, sia perché definisce  obiettivi a lungo termine.  

A prima vista, se si  conoscono su carta le diverse e complesse funzionalità della lampada, si può rimanere alquanto basiti per la semplicità ed essenzialità del risultato estetico del prodotto.

Diego Rossi, Co-founder di Habits, ha ben riassunto con questa frase tutto il lavoro dietro la realizzazione: "Da un così elevato numero di variabili scaturisce un incessante lavoro di ordinamento e semplificazione che si concretizza in un equilibrio di forme astratte, capace di esprimere il rigore scientifico alla base del progetto, e lasciare spazio all'emozione della luce."

 Neocogita, azienda che lavora nel settore del brainwellness, ha avuto anche il ruolo di raccogliere e analizzare i risultati della ricerca scientifica dedita allo studio degli aspetti biologici della luce, cioè quelli responsabili della sincronizzazione del ritmo circadiano e degli altri cicli correlati. Non tutti sanno che specifici aspetti qualitativi e quantitativi della luce regolano non solo il rilascio della melatonina, responsabile del ciclo veglia-sonno, ma determinano anche il rilascio di altri ormoni, come il cortisolo e la serotonina, che sono coinvolti nella regolazione del nostro stato di allerta e del buon umore.  

Un'illuminazione di qualità deve assicurare un'ottima visibilità,  emozionare e caratterizzare lo spazio, ma soprattutto deve rispettare il nostro orologio biologico. Diversi dosaggi luminosi,  attraverso percorsi alternativi a quelli legati alla soppressione della melatonina, possono indirettamente avere effetto su specifici compiti  cognitivi. Questo campo d ricerca neurofisiologica, che esplora tali nuovi processi neuronali e ne valuta il coinvolgimento nella stimolazione di stati mentali, in particolare lo stato di vigilanza,  non ha ancora prodotto eclatanti risultati. Tuttavia indagare e sperimentare sul mercato nuove idee,  che propongono nuove modalità di illuminare gli ambienti e nuove interazioni con l’utenza,  è un'iniziativa ben vista anche dal mondo della ricerca.  

Ciclo luminoso in modalità Focus: tripla dinamicità.(immagine protetta)

Ciclo luminoso in modalità Focus: tripla dinamicità.(immagine protetta)

Smart+ ha il merito di proporre una nuova dinamicità della luce. I  nuovi parametri luminosi sono stati oggetto di sperimentazione e di verifica, la quale  ha prodotto risultati soddisfacenti rispetto alle aspettative di progetto. Smart+ contribuisce all'ergonomia mentale e fisica di un ambiente di lavoro ed al suo carattere rigenerativo, e lo fa discretamente, coordinando i pattern di utilizzo  ai parametri fisiologici individuali.

La presentazione del prodotto a Milano (1) consentirà a tutti gli interessati non solo di valutare da vicino le qualità estetiche e tecnologiche, ma anche di essere testimoni di un nuova interazione con la luce artificiale,  che caratterizza il prodotto come una sorta di "personal trainer" e che guida alla  consapevolezza  del profondo rapporto uomo-luce.

Una vera e propria celebrazione dell'uomo e della sua esperienza di uso  oltre che del prodotto d'illuminazione in sé, cosa che rende Smart+ perfettamente in linea con il tema della fiera e con l'attuale visione umano-centrica del design.

1.Quartiere Fiera Milano, Rho. Stand B07 – B11 // Hall 13

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

La "media" bellezza.

Ci si riempie la bocca con frasi che  descrivono la bellezza e che ne decretano la fondamentale importanza in tutte le cose, che siano processi, soggetti od oggetti. La bellezza è alla base della selezione naturale. La bellezza salverà il mondo.

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La prima frase si capisce, e significa che un indefinito senso di bellezza ha decretato le regole discriminatorie dell'evoluzione. La seconda frase suona invece un po' sibillina e ci respinge nell'abisso e  nel vago, se non altro perché, non potendo prevedere in anticipo le regole del bello, non si riesce a mettere tutti d'accordo sulla direzione da prendere quando si pianifica il futuro, sia esso in termini territoriali (urbanistici e architettonici) , sia esso in termini etici e sociali. Conoscere le meccaniche che rendono esplicito il bello sarebbe la soluzione definitiva.

Piramide del Louvre, Parigi. N.De pisapia

Piramide del Louvre, Parigi. N.De pisapia

In un precedente articolo sulla bellezza, che risale al 21 giugno 2017 , si dice che la scienza non è in grado di capire i meccanismi del nostro giudicare bello qualcosa , ma può dire cosa che succede nel cervello quando ne facciamo esperienza. Conoscere i segreti della bellezza sarebbe impugnare uno strumento prezioso di anticipazione delle nostre reazioni, cosa che ci regalerebbe sapienza senza dover passare necessariamente per l’esperienza.

Dal momento che spesso la realtà ci restituisce scenari molto discutibili, che prevaricano il buon senso ed il buon gusto, proponiamo un gioco, forse infinito, dove ognuno è invitato a dare la propria definizione del bello o anche del non bello. Sono ammesse, anzi ben accette, ovvietà, e concetti indiscutibili. Man mano che si prosegue nel gioco sarà inevitabile passare dall’ ovvio all’ opinabile. L’intento finale è di passare al setaccio tutte le possibili considerazioni e verificarne la fondatezza, come una sorta di reset del nostro modo di percepire il mondo, una epurazione dai preconcetti e condizionamenti legati alla transitorie sottoculture del momento.


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Invito tutti a proporredi seguito un postulato e/o un esempio che chiarifichi il concetto espresso da esso. Chissà se questo modo di gamificare ci possa aiutare nella ricerca sempre più raffinata per un metro di giudizio obiettivo, universale e duraturo, che possa fare giustizia del bello sacrificato o del brutto illegittimamente accreditato.

Si parte :

.1. La bellezza è sincronizzazione .

Esempio : l'albero spoglio in inverno è bello, l'albero spoglio in estate è brutto.

2. La bellezza non è il sublime. Se  la percepiamo come tale significa che qualcosa di più grande di noi sta avvenendo e noi ne siamo schiacciati e sacrificati per un nuovo equilibrio.

Esempio: un uragano ci destabilizza

3. La bellezza è efficacia…


Commentate ed il vostro commento/punto sarà inserito nel testo.

Grazie.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Psicoacustica: un nuovo strumento per arricchire l'esperienza di un luogo

Questo articolo vuole attirare l’attenzione e  creare consapevolezza su una disciplina ancora non presa molto in considerazione nella progettazione tradizionale: l'architettura ”aurale”. Questo approccio considera il suono un fattore fondamentale nella progettazione di ambienti di qualità e non va confuso con l'ingegneria acustica, anche se questa ne fa parte .

 

URBAN SOUNDSCAPES:The effect of auditory stimulation on mood -Master Thesis of WENQI JI

URBAN SOUNDSCAPES:The effect of auditory stimulation on mood -Master Thesis of WENQI JI

Qui si parla di psicoacustica piuttosto che di acustica . Quest’ultima si concentra sulla trasmissione del suono fino all'orecchio, mentre la psicoacustica si interessa al modo in cui noi diamo attenzione ai diversi suoni e  come noi, a livello istintivo, creiamo delle gerarchie degli stessi, attribuendo significati di vario genere. Purtroppo non siamo sempre consapevoli del significato che possono avere i paesaggi uditivi nella nostra esperienza di vita quotidiana. Il nostro mondo, e specialmente il modo in cui noi lo progettiamo, tende a essere interpretato e giudicato prevalentemente nel suo l'aspetto visivo, mentre  gli spazi  interni, e anche gli edifici, reagiscono ai nostri suoni  e ne inviano di  altri  alle nostre orecchie, restituendoci una realtà che comprende quella visiva ma che si arricchisce e va ben oltre (1).

Mentre è più facile parlare di geometrie, di colori e di illuminazione, parlare dei suoni ci coglie impreparati. Già collaudato e ormai diffuso è l’impegno e lo sforzo richiesto per la riduzione dell’inquinamento acustico, attraverso un tipo di approccio che è postumo alla realizzazione di uno spazio, e che tende ad eliminare gli elementi di  disturbo quali i rumori o le interferenze per volumi troppo alti, ma con il termine aurale stiamo ad indicare un’altra competenza.

I musicisti sanno come insonorizzare una camera, usano un vocabolario molto più ricco del progettista architettonico, e quando si tratta di affrontare problemi di diffusione della musica, conoscono bene qual è il requisito di una stanza destinata a riprodurre musica rock oppure musica classica o ancora altro genere musicale. Essi sono molto sensibili agli infiniti messaggi che ci sono dentro i suoni musicali, così strettamente legati all’ambiente in cui vengono riprodotti.

C'è un’interessante TED talk di David Byrne, dal titolo "How architecture helped music evolve" che spiega molto bene l’importanza che le caratteristiche spaziali hanno quando una particolare musica viene riprodotta oppure scritta. L’ex Talking Heads ci fa ascoltare il canto di una tribù africana evidenziandone  la bellezza e la naturalezza, la quale può svanire immediatamente  se solo si immagina di ascoltare la stessa performance in un ambiente chiuso, come un teatro.

Il musicista in genere non è un intenditore di psicologia uditiva, sicuramente ha una sensibilità maggiore per approcciarsi al design sonoro di un ambiente, però lo fa il rispetto alla musica e alle note suonate.  Quali sono le competenze allora richieste per una progettazione aurale?

Le prime discussioni intorno al problema relativo alla tipologia del suono vengono affrontate grazie al lavoro pionieristico di Murray Schafer.  MS è particolarmente noto sia per il World Soundscape Project, da lui ideato negli anni Sessanta per promuovere una nuova ecologia del suono, sensibile ai crescenti problemi dell'inquinamento acustico, sia per il testo The Tuning of the World (1977), tradotto in Italiano con il titolo “Il paesaggio sonoro”.

Grazie a questo suo lavoro sono stati resi noti i principali elementi del paesaggio sonoro : la tonica , il segnale e l'impronta.

La Campana della Pace domina la città Rovereto (TN)

La Campana della Pace domina la città Rovereto (TN)

La prima non è sempre percepita coscientemente, perché fa da sottofondo ed è caratterizzante un luogo: all'origine identificata con i suoni della natura (vento, piante, uccelli, ecc.) oggi è rappresentata anche dal rumore del traffico.
Il segnale è un tipico  stimolo che ci allerta, che si distingue dagli altri suoni, come è in genere una sirena, un fischio del treno.

L'impronta, infine,  è l'equivalente di ciò che nella vista è rappresentato dal landmark, ed identifica il luogo perché memorabile, indimenticabile, e da tutelare proprio come un edificio o monumento storico.

  In questo ambito di ricerca e applicativo entrano in gioco le neuroscienze cognitive (eh sì , sempre loro) che studiano come  inconsciamente le percezioni uditive ci inducono emozioni forti. Lo stimolo acustico trasmette, nell'unità di tempo , molte più informazioni di uno stimolo visivo, pertanto  la stimolazione determina reazioni più veloci ed incisive. Un esempio è fornito dal clacson delle auto, che spesso rivela essere molto più efficace nella segnalazione di un pericolo rispetto alla segnalazione luminosa di un flash.

La biofilia gioca anche qui un ruolo importante nel definire i suoni piacevoli, allertanti o sgradevoli, in poche parole nel distinguere le armonie dal rumore. Il cinguettio di un usignolo, lo scroscio dell'acqua, ma prima di tutti la voce umana , (primo stimolo percepito dall'essere umano in forma embrionale, ancora nell'utero materno),  sono i tipi di suono che risultano gradevoli. Rispetto alla voce umana (ma anche con altri suoni) abbiamo una forte capacità selettiva e discriminante, che esprimiamo attraverso il fenomeno chiamato “effetto cocktail party” secondo cui i suoni su cui non prestiamo attenzione non raggiungono la nostra consapevolezza perchè il nostro cervello elabora tutti i tipi di segnali che le nostre orecchie percepiscono ma seleziona solo quelli di cui prova più interesse, usando diverse tecniche per distinguerli (tono, impostazione di voce, ecc.), e quindi elabora il controllo dell’attenzione solo su questi (2). 

Effetto Cocktail Party : selezioniamo solo una voce tra tre. Immagine da www.Nature.com

Effetto Cocktail Party : selezioniamo solo una voce tra tre. Immagine da www.Nature.com

E per concludere cosa possiamo dire del silenzio?

Il silenzio assoluto non esiste: quando si riesce a creare uno spazio altamente insonorizzato, come accade solamente nella camera anecoica,  noi possiamo provare un senso di disagio oppure di magico, perché ascoltiamo solo i segnali che  provengono dal proprio corpo e ci ritroviamo in forte intimità con noi stessi. Probabilmente in alta montagna possiamo andare vicini a questo tipo di esperienza, anche se un battito d’ali o una ventata tra le foglie degli alberi riesce sempre interrompere questo incantesimo.

John Cage, compositore sperimentale statunitense, intendeva proprio dimostrare questo concetto nel suo brano dal titolo  4′33″,  il cui spartito dà istruzione all'esecutore di non suonare per tutta la durata di quattro minuti e mezzo del brano.

 Buon Ascolto .

Esibizione del brano 4’33” di W. Marx al McCallum Theatre , CA

Esibizione del brano 4’33” di W. Marx al McCallum Theatre , CA

Fonti :

  1. Pallasmaa. "The eyes of the Skin"
  2. Binural Architecture- Tesi di Emily R. Brett -2015
  3. http://www.neocogita.com/leffetto-cocktail-party/
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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Quando il Cambiamento parla a voce bassa

Montecitorio : Aula Emiciclo

Montecitorio : Aula Emiciclo

Cerchiamo di non farci coinvolgere dalle polemiche e dalla confusione ideologica che si respira negli ambienti politici, invece lasciamoci andare all'ascolto, senza pregiudizio,  di un discorso  pronunciato da un nuovo residente di Palazzo Montecitorio. Si coglie chiaramente un segno  di grande cambiamento che non è politico, ma preannuncia una svolta epocale, che prescinde dalle ideologie tradizionali, e risulta  tanto forte quanto inaspettato..

Ascoltare personaggi politici richiedere una maggiore attenzione verso gli spazi costruiti, e sentire farlo in chiave diversa da quella legata ai soliti aspetti normativi, legislativi ed economici, risulta  destabilizzante ma anche rincuorante.

Ci siamo interrogati sull’ambiente di questi palazzi bellissimi, meravigliosi, che evocano storia e cultura. Però tante volte li abbiamo anche visti poco umani o comunque lontani dalla realtà esterna quotidiana...
Il "Transatlantico" in palazzo Montecitorio

Il "Transatlantico" in palazzo Montecitorio

Per avanzare ed evolverci, anche spiritualmente , bisognerebbe partire da questi palazzi che dovrebbero dare l’esempio ... perchè abbiamo capito che la rivoluzione è individuale e collettiva, e quindi per renderla valevole e vera questa rivoluzione ... magari in un futuro prossimo, ci potrebbe essere una sala di meditazione, dove i parlamentari che ne hanno voglia, possono ricaricare le loro energie, avanzare nella loro lucidità per migliorare il proprio lavoro ...

A parlare è Dalila Nesci, giornalista e deputata alla Camera, in uno degli appuntamenti del seminario di filosofia dal titolo "Parole Guerriere". Il concetto espresso  risulta contemporaneamente  semplice ed innovativo, anche se non  è la prima volta che un parlamentare propone di inserire la pratica meditativa all'interno del palazzo.  Lo ha già fatto nel 2007 Fausto Bertinotti, contando sulla collaborazione dell'architetto Paolo Portoghesi. L'architetto era disponibile ad accettare la sfida per un luogo che doveva essere "di  ispirazione ecumenica,  in cui tutti possano interrogarsi sul senso dell'esistenza, tanto più di fronte al precipitare della barbarie, ai segni delle guerre e dei terrorismi che lacerano la comunità umana".

L'intervento della Nesci è però più attuale, anzi anticipatorio, perché fa riferimento ad una pratica meditativa laica, in sintonia con i contenuti presentati  in occasione della Project Anticipation Conference, svoltasi in Trento  nel  novembre 2016.  Negli atti della conferenza raccolti in un libro omonimo, con il sottotitolo "When design Shapes futures in architecture and urban design" (*), in particolare nell'articolo "Towards a Neuroscience-based and architecture driven Care of Self" , si parla di una crisi definitiva di strategie globali per i cambiamenti sociali. Mentre nel passato è stata la fede religiosa un riferimento imprescindibile, e solamente fino a qualche decennio fa erano le leggi economiche a farci da guida, almeno nel mondo occidentale, adesso succede che perfino il mondo scientifico fallisce nel suo ruolo di  principale referente. La vera rivoluzione quindi non può che partire dall'individuo puntando sul rafforzamento del corpo e della mente,  per costruire intelligenza emotiva e cognitiva, e quindi forza e indipendenza.  "Una rivoluzione personale e intima, agendo su scala piccola e privata, lentamente darà alla nuova società una nuova pelle e, di conseguenza, libererà quella vecchia, con una progressiva metamorfosi. L'effetto domino che potrebbe seguire sarà tale da influenzare il patrimonio sociale, economico e politico dopo aver cambiato il nostro punto di vista, e renderci consapevoli di far parte di un sistema organico e armonico più ampio  ... In questa generale trasformazione umano-centrica, l'ambiente costruito può svolgere la sua parte fondamentale nel plasmare i modelli mentali - oltre i semplici aspetti urbani - per l'auto-trasformazione e la rigenerazione. I microambienti su scala umana, facilmente collegabili a spazi e realtà preesistenti, possono essere attrezzati per migliorare la nostra risposta mentale e regolare i processi psicofisici modulando tutte le caratteristiche spaziali."

Concepire spazi per la meditazione significa aiutare l'individuo nella "cura del sè" e nella sua crescita morale, per iniziare una trasformazione socio-economica dal basso,  in cui l'individuo non domina più uil sistema, ma ne diventa parte. Come non auspicare che questa pratica faccia parte dell'attività di un politico?

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Me c'è però dell'altro nelle dichiarazioni riportate sopra, che fa riferimento ad una percezione di una architettura lontana dalla realtà attuale e quindi a volte anche incombente.  Come conciliare allora il riferimento storico e culturale che l'architettura rappresenta  con l'esigenza di contemporaneità legata ad un rinnovato concetto spaziale ?

Un'ambientazione solenne ed elegante, quale è quella delle aule e dei corridoi del palazzo Montecitorio o degli altri palazzi istituzionali preesistenti, può lasciare spazio ad interventi di integrazione per la creazione di  microambienti attrezzati per migliorare la nostra risposta mentale e regolare i processi psicofisici ?

La risposta  è data dall'evoluzione che ha già interessato altre  strutture che, altrettanto anacronisticamente,  si imponevano a realtà completamente diverse da quelle che le aveva concepite, come per esempio le chiese gotiche o neoclassiche. La Chiesa non è più quella istituzione egemonica ed autoritaria del Medioevo o del Rinascimento , eppure i suoi spazi concepiti in quelle epoche  ospitano con disinvoltura nuove cerimonie religiose e nuove ritualità. I segni del passato vegliano su di noi come un promemoria, una costante ricordo della continua e lenta voluzione a cui l'essere umano è stato e  sempre sarà sottoposto. Tocca a noi conteporanei saper gestire la transizione.

 

Nota (*) Project Anticipation - When Design Shapes futures in architecture and urban design - Conference Proceedings,  2016, Maggioli Editore

 

 

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

L'intelligenza naturale e la bellezza artificiale.

La presentazione TED del 2012 di Machael Hansmeyer sulle potenzialità del disegno digitale e programmato  (CAD)  ci lascia ancora oggi  in bilico, in uno  stupore che non sa se trasformarsi in meraviglia , scetticismo o speranza. Dopo alcuni anni possiamo appurare  che la stampa 3d  sia diventata una realtà che rende la riproduzione di forme complesse facile ed immediata. Anche l'intelligenza artificiale, ritornata in auge  grazie a  reinventati algoritmi di apprendimento,  rinnova la fiducia nella sua capacità di garantire prestazioni prima  di pertinenza esclusiva dell’intelligenza umana.  Ma possiamo considerare la stessa intelligenza umana priva di limiti? Essa  non è tuttora  capace di comprendere a fondo i segreti della natura e replicarne la casualità della sua evoluzione, l'armonia e la misura delle cose.  Nonostante ci siano a monte le più nobili intenzioni accade spesso che la progettazione di ambienti complessi e iper-performanti  offra, all'utente, esperienze negative e stressanti. Gli ambienti naturali vincono sempre e comunque su quelli artificiali: come mai?

Michael Hansmeyer crea algoritmi che generano forme affascinanti, con forme e sfaccettature che nessun uomo potrebbe disegnare a mano. Ma queste forme sono realizzabili e potrebbero rivoluzionare il modo in cui noi concepiamo le forme architettoniche.

Se ci fermiamo al fotogramma del minuto 3.50 del video ci troviamo davanti al tipico esempio di mostruosità generata da un algoritmo "andato fuori controllo".  Hansmeyer parla di un effetto visivo riconducibile a quello che rappresenta il rumore nel mondo uditivo. In poche parole si tratta di un processo errato che in natura si concluderebbe con  un aborto del processo stesso. 

La nostra biologia , il nostro essere parte di un ecosistema, stabilisce le regole del nostro rapporto con l'ambiente in cui viviamo. Si tratta di regole che sono  biologiche e anche estetiche, etiche  e sociali. Se una nostra sensazione sia positiva o negativa viene stabilito da una legge di natura che risponde alla stessa che ha forgiato noi esseri umani. La biofilia è una filosofia che sostiene questa legge di natura, che per quanto inafferrabile a tratti, è alla base dell'ipotesi biofilica e del design biofilico,  un criterio di progettazione che analizza e verifica gli aspetti naturali nell'ambiente antropizzato  con il fine di migliorare la qualità dello stesso e della nostra vita. 

Nicola Salingaros, matematico, è un accanito sostenitore del design biofilico ed ha molto da dire su quello che viene stabilita come  giusta misura e armonia dell'effetto estetico delle cose.  Salingaros usa come rifermento il frattale ed il suo grado di complessità , suggerendo  i valori entro i quali ci si sentirebbe al sicuro da stimolazioni percettive, tanto da farle risultare né monotone, e quindi poco stimolanti, né fastidiose e quindi stressanti. Un frattale codifica strutture geometriche su diversi livelli e non ci sono preferenze sulle scale. 

colonne generate da algoritmi  e stampate

colonne generate da algoritmi  e stampate

Tutti i tessuti organici hanno strutture geometriche di base che si ripropongono in modo similare tra loro e legano tra di loro gli umani, gli animali, le piante e quindi i paesaggi. In questa sorta di similitudine si stabilisce tra tutti gli elementi naturali una sorta di "Comunicazione Subliminale", cioè un'attrazione verso i segni densi di significato che risultano  in un senso di piacevolezza e di benessere diffuso senza esserne consapevoli. Se questo concetto risulta intuibile  con l'esperienza visiva, va fatto lo sforzo di applicare lo stesso a tutti gli altri sensi, dal momento che il principio non cambia. Possiamo quindi creare categorie di suoni, tessiture, odori che siano  legate ad esperienze piacevoli, che incontrino la nostra positiva predisposizione. 

A questo punto, ritornando alla performance della generazione algoritmica della colonna mostrata nel video, viene da porsi la seguente domanda: Come si può controllare e gestire il processo creativo artificiale per ottenere un esito finale che possa essere definito non solo universalmente accettabile, ma anche equo, opportuno, conveniente ?   Ma soprattutto c'è da chiedersi se il nostro senso di bello e di armonico  possa evolvere nel tempo in quella sorta di evoluzione epigenetica che sicuramente è già in atto, e che ci potrebbe adattare ad un nuovo ordine delle cose ed educarci ad esperienze spaziali non necessariamente riconducibili ad archetipi naturali, ma controllati da un'intelligenza non più umana.   

Queste considerazioni  creano un'impasse, ma una riflessione su come sono evoluti gli strumenti tecnologici negli ultimi millenni potrebbe aiutare ad uscirne fuori. Il disegno e la tecnica costruttiva hanno sempre rappresentato forme  creative che delegavano l'esecuzione a strumentazioni esterne al nostro corpo, gradatamente sempre più distanti da esso, dalla matita al CAD, dal martello alla stampante. Eppure altrettanto gradualmente il nostro cervello si è adattato al nuovo creare e al nuovo creato con piccoli traumi che sono stati molto bene recuperati.

HAL nel film "2001 Odissea nello spazio" 

HAL nel film "2001 Odissea nello spazio" 

C'è un'atavica  paura della possibile  perdita di controllo sulla macchina, espresso attraverso varie forme di arte come la letteratura ed il cinema. Il film cult  "2001 Odissea nello spazio" è una  favola apocalittica sul destino dell'umanità, la cui  identità risulta diversa dal resto della natura. La storia parla di una missione su Giove in cui un computer (HAL)  si trasforma da strumento affidabile di supporto a  terribile nemico dell'ultimo uomo superstite, e cerca di toccare problematiche antichissime relativa all'identità della natura umana, al suo destino, e al ruolo della conoscenza e della tecnica. La favola però si conclude bene, e non perché la mente umana riesca a sedare la ribellione e l'intraprendenza di quella  artificiale, ma  perché  a monte di questo apparente conflitto uomo-macchina si scopre esserci la volontà dell'uomo stesso (dei responsabili della missione) a stabilire delle priorità sbagliate, in conflitto con la propria  sopravvivenza.   

Quale futuro per l'illuminazione ?

A volte capita di voler giocare con la luce del sole per creare effetti speciali, come appunto nella SPA riportata nell'immagine sotto,   ma questo è un lusso che solo luoghi particolari possono permettersi. La sfida continua del mercato della illuminazione è, invece, di  creare sistemi di luce artificiale che siano quanto più piacevoli, rigeneranti, stimolanti o rasserenanti,  come solo la luce naturale riesce fare.   E' una esigenza sempre più  forte che arriva dai luoghi dove siamo costretti a spendere gran parte del nostro tempo quotidiano:  gli uffici , le scuole,  gli ospedali.

SPA in Majorca.  Crediti: http://a2arquitectos.com/

SPA in Majorca.  Crediti: http://a2arquitectos.com/

Light + Building 2018, la fiera  appena conclusosi a Francoforte,  si fa portavoce dei principali segnali di cambiamento nel mondo dell'illuminazione, e di seguito ne riportiamo quelli che maggiormente interessano le tematiche del nostro journal.  La nuova tendenza non sembra più puntare esclusivamente all'estetica e all'efficienza dei punti luce, ma vanta nuove funzionalità integrate, come l'intelligenza, la sensoristica, la connettività wireless integrata, la regolazione del colore. Termini quali lo "IoT ready" e il "digital light" sono ormai un riferimento del mercato, poiché rappresentano gli strumenti che rendono possibile il controllo sulle caratteristiche prima citate.

Tra gli scenari più ambiti e pronti a diventare realtà ci sono gli  "uffici connessi", per i quali l'illuminazione non è più una soluzione subordinata alla progettazione dello spazio, relegata a fornitori esterni, ma diventa una soluzione integrata nella progettazione, per un controllo e coordinazione con  tutti gli altri elementi spaziali (finestre, scuranti, giochi di riflessi) e con i dati fisici dell'occupante stesso, affinché si possa promuovere il  benessere e la produttività.

Immagine by Neocogita.com

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I quadri di controllo lasceranno l'ingombrante armadietto, incubo degli interior designer, per lasciare che l'intelligenza entri autonomamente  nell'apparecchio. Il Bluetooth sarà l'interfaccia più usata grazie anche ad una fattibilità più immediata e ad una migliorata compatibilità degli standard. Il wireless sicuramente consente  connessioni ai dati più sofisticati dei sistemi cloud, e quindi una personalizzazione maggiore, ma risulta praticamente un lusso da concedere agli ambienti più intimi e privati rispetto agli uffici. A tal riguardo possiamo fare riferimento all'ecosistema "connected home"  per la quale la "Philips Hue" lavora con  brands come Amazon, Apple e Google per creare case sempre più smart e personalizzate. Ma l'obiettivo  di rendere gli ambienti smart, che siano residenze,  edifici o quartieri, non presenta quella urgenza che invece viene avvertita per il miglioramento dello stato di salute dei cittadini, quando questa risulta strettamente legata alla produttività e alla cura degli anziani. L'illuminazione umano-centrica diventerà una cosa seria, anche perchè i grossi finanziamenti sono sempre più diretti alla ricerca neuroscientifica legata a malattie come l'Alzheimer e la demenza senile.

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Promotori di questa rivoluzione saranno i grandi contractors, gli investitori, e solo in misura inferiore le istituzioni governative e amministrative, nonostante  queste ultime  sembrano recepire la sfida del cambiamento  legato alla crisi del sistema di welfare (di cui sono il soggetto erogatore).

Questa tendenza lascerà che siano le organizzazioni indipendenti,  quali il WELL standard,   a diventare riferimento normativo e garanzia di qualità per lo sviluppo edilizio. 

 

La  progettazione integrata e la ricerca di soluzioni a problemi complessi rappresenta una sfida molto difficile da affrontare per le piccole e settoriali  realtà produttive : per sfuggire al rischio di isolamento i produttori autonimi di illuminazione tenderanno a consolidarsi attraverso  acquisizioni, fusioni  e partnership, e si vedranno i produttori di illuminazione unirsi agli specialisti della tecnologia, proprio come sta succedendo tra Philips e Cisco, tanto per nominare le grandi realtà coinvolte.

Avrete notato l'impostazione dell'articolo con toni un po' sibillini. L'anticipazione del futuro, si sa, non è una scienza esatta, pertanto non rimane altro che darci appuntamento al 2028.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Gli spazi lavorativi sono cambiati ...di nuovo.

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 A partire dalla metà del secolo scorso  i luoghi di lavoro sono cambiati radicalmente, e non  perché sia cambiato il tipo di lavoro, ma perché sono cambiati gli strumenti  e si sta facendo luce sugli effetti  dell'ambiente costruito sul benessere e sulla produttività.

Una volta esistevano uffici suddivisi in più stanze fisicamente separate tra di loro, ciascuna ospitante un numero esiguo di impiegati. Poi  l'avvento di grandi corporazioni ha generato delle realtà lavorative di enorme scala e  ha sviluppato il concept di spazi aperti organizzati con cubicoli distribuiti secondo geometrie più o meno rigide .

Questa configurazione riusciva ad assicurare un discreto livello di riservatezza, ma, con l'avvento dei grandi spazi privi di ogni separazione, quest'ultima è completamente scomparsa. Stiamo parlando di circa venti anni fa, quando alcuni studi di ricerca avevano dimostrato l'importanza di essere connessi l'uno con l'altro, per creare un modello interno dell'esperienza collettiva. L'isolamento non aiutava le persone a realizzare ciò che gruppi di persone di talento riuscivano a fare quando mettevano in comune le conoscenze, i talenti, le intuizioni di tutti. Ma esagerare in questa direzione  è risultato deleterio.

Nonostante il cervello sia un organo sociale ci sono volte in cui la collaborazione  chiaramente si oppone al buon funzionalmento del cervello. Le ragioni sono diverse. Pensiamo alle emozioni negative del singolo e alla facilità con cui possono diffondersi. Consideriamo quanto le personalità più deboli possano sentirsi sopraffatte da quelle dominanti. E cosa dire poi del problema sulla privacy, già evidente nelle soluzioni degli anni addietro?

scena tratta dal film "Tutti gli uomini del presidente" del 1976.

scena tratta dal film "Tutti gli uomini del presidente" del 1976.

Alla luce di queste analisi  si spiega come mai gli uffici stiano cambiando di nuovo, e non solo per risolvere il problema di uno schema planimetrico indifferenziato, ma per essere allineati con i recenti risultati della psicologia comportamentale, sociale e della scienze cognitive.

La creatività è un  requisito che aiuta a trovare soluzioni fuori dal coro e se si vuole garantire alle persone creative - e spesso introverse - di essere libere da interruzioni o dissipazioni di energia su questioni poco interessanti e per niente correlate al lavoro, sarebbe consigliabile attrezzare lo spazio con un adeguato numero  postazioni individuali e isolate. 

Succede quindi che, mentre Il precedente concept di ufficio si basava su una tecnologia all'avanguardia che tendeva a legare tutto insieme, ora le tecnologie lavorano in direzione opposta. Nuove soluzioni consentono un controllo preciso della propagazione del suono e della luce creando  delimitazioni spaziali laddove non esistono separazioni fisiche. Inoltre la comunicazione wireless  è molto migliorata, e non solo rende possibile sistemi sinergici attraverso la connettività IoT , ma rende possibile  il lavoro a distanza e permette agli impiegati  di partecipare alle riunioni mentre sono a casa o su un treno. Questa apertura alla mobilità  mette in discussione anche il dimensionamento di un ufficio e rende concepibile una superficie di occupazione inferiore ai valori standard di riferimento. 

Ci sono aziende che stanno riducendo gli spazi  in considerazione di una superficie pro-capite e  di un numero di postazioni  inferiori agli standard dettati dal numero di dipendenti. Questo riduce gli  sprechi dei costi per l'affitto dovuto al sottoutilizzo dei posti disponibili. La questione economica legata al mercato immobiliare  è molto sentita specialmente nelle grandi metropoli come New York. Qui gli affitti raggiungono cifre da capogiro e costringono molti ad adottare soluzioni creative, come la collaborazione trasversale tra competenze,  e addirittura il baratto dei servizi offerti. Si tratta  di strategie per aiutare sia le piccole che le grandi imprese a gestire situazioni economiche instabili, quali quelle legate all'avvio di una nuova attività (per la prima) o quelle che vedono affrontare periodi di crisi economica (per la seconda).

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Da considerare inoltre le soluzioni "open"  del design d'arredo e dell'accessoristica, le quali richiedono  una partecipazione e interazione con l'utente finale. Questi è tirato in ballo nella caratterizzazione del prodotto attraverso la scelta del colore, dell'assemblaggio  e addirittura del tipo di  utilizzo. SI tratta di una  modalità progettuale flessibile che permette a tutti di partecipare attivamente alla definizione dell'identità  dello spazio e del marchio per cui si lavora. La flessibilità diventa  un tema  importante  non solo per sposare il concetto di spazio fluente, dinamico e partecipativo, ma anche per favorire una organizzazione più democratica e meno discriminatoria tra le diverse fasce impiegatizie. Laddove le postazioni non sono più fisse, ma interscambiabili, può accadere che la propria scrivania diventi  la scrivania di qualcun altro, e viceversa. I dipendenti coinvolti nella creazione del proprio ambiente di lavoro e nella sua gestione meno gerarchica hanno maggiori probabilità di essere felici, in quanto  vivono il loro ufficio come un ambiente domestico che li aiuta a identificarsi con la cultura dell'organizzazione e sentirsi liberi dagli assoggettamenti a regole poco esplicite e quindi frustranti.

Immagine da linkedin

Immagine da linkedin

Il buonumore è un requisito per essere più produttivi e, sebbene questa sia una qualità molto difficile da misurare, essa influenza l'efficienza e l'efficacia di una squadra di lavoro (intellettuale e non). L'architettura  contribuisce non poco all'ottenimento di questi obiettivi, ma deve assolvere ad un compito delicato di mediazione con la reale  politica aziendale. Nessun concetto spaziale può ottenere risultati positivi in termini di benessere e produttività se non dimostra coerenza e allineamento con le direttive dall'alto. 

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Kunsthofpassage : neuro-urbanistica inconsapevole

Quando sono state create queste singolari facciate, all'interno del quartiere un po’ nascosto di Kunsthofpassage, a Dresda, c'era la volontà da parte dei cittadini di restituire alla città le caratteristiche del gusto tipico del tempo e del luogo andate perdute dopo i bombardamenti del secondo conflitto mondiale.

All'epoca della loro costruzione il termine neuroarchitettura non era ancora stato coniato (e forse non lo è ancora ufficialmente) ma il risultato voluto dal  progetto tedesco “Courtyard of Elements”, che installa opere d’arte negli edifici, è anche quello di creare un'ambientazione che gioca con i nostri sensi e con le nostre emozioni, per generare un diffuso senso di benessere in quei punti della città che peccano per mancanza di luminosità e scorci panoramici, oltre che  essere dei "cul-de-sac"  nascosti e sottratti alla vita economica e sociale della città.

Funnel Wall.     Foto di Luigi Ascione

Funnel Wall.     Foto di Luigi Ascione

E' così che fioriscono in questo quartiere le diverse facciate colorate, che oltre a ricreare una specie di arcobaleno steineriano, interagiscono con i fenomeni atmosferici per riprodurre piacevoli effetti sonori e luminosi.

In particolare, nel Cortile degli Elementi (Hof der Elemente), creazione di tre geniali artisti (Christoph Rossner, Annette Paul e Andre Tempel), c'è il Funnel Wall, una facciata con un sistema di smaltimento dell'acqua che, alla maniera della macchina di Rube Goldberg, (tipico macchinario inutilemente complesso  e ridontante  che esegue operazioni piuttosto semplici), produce suoni musicali quando piove.

 

Non è da meno il Cortile delle Luci  (Hof des Lichts) dove gli autori-artisti, scelti tramite un concorso, hanno risolto il problema di scarsa illuminazione naturale di un cortile (vedi foto in basso) con una composizione di specchi che riflettono i raggi del sole e producono diverse sfumature colorate.

 

Cortile delle Luci .       Foto di Luigi Ascione

Cortile delle Luci .       Foto di Luigi Ascione

Molto rilassante e "organico" è infine il Cortile degli Animali (Hof der Tiere ) con una facciata di un palazzo interamente colorata di verde e decorata in rilievo con giraffe, scimmie e gru e con balaustre realizzate in vimini. 

scorcio del Cortile degli animali .                                              foto di Luigi Ascione

scorcio del Cortile degli animali .                                              foto di Luigi Ascione

Dresda è un bellissimo esempio di buona politica urbana oltre ad essere una città d'arte. Kunsthofpassage non solo ha creato una opportunità in più per il turismo ed il commercio, ma ha sottratto l'intera zona al triste destino di degrado sociale che inevitabilmente tocca alle aree urbane con limitata accessibilità e visibilità.

Capire le dinamiche psicosociali significa disporre di un strumento efficace per la pianificazione  territoriale, per la visualizzazione di possibili problematiche e la ricerca delle strategie risolutive.  La neuroarchitettura (o  neuro-urbanistica) riguarda anche questo. 

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Le camminate percettive come strumento di pianificazione

Locandina dell' itinerario in bici a Trento  (immagine di giusi Ascione) 

Locandina dell' itinerario in bici a Trento  (immagine di giusi Ascione) 

La camminata urbana, o di quartiere, è una pratica che si sta diffondendo negli ultimi anni in diversi centri d’Italia, ma le finalità e le aspettative sono diverse a seconda dell'ente o persona che ne è promotore. Certamente alla base vi è l'esigenza dei residenti di una più approfondita conoscenza del territorio, sia perché ci si vuole  ri-appropriare dello stesso, in cerca di una perduta identità sociale e culturale, sia perché si è in cerca di una chiave di lettura che aiuti nelle strategie d’intervento.  E' un dato di fatto  che gli spazi urbani non sono vissuti adeguatamente: la sosta in piazza fine a se stessa è un evento raro e  per pochi, e perfino gli adolescenti non rispondono più al richiamo del  rituale "incontro al solito posto".   La città evolve spesso in modo distaccato rispetto alle  esigenze del cittadino, e la serialità degli  eventi è tale  da amplificare inesorabilmente alcuni effetti negativi, quali l'aumento della percezione del rischio, il fallimento delle attività commerciali e la svalutazione degli immobili.

Itinerario di Trento:  asse Albere-trePortoni (img sandro aita)

Itinerario di Trento:  asse Albere-trePortoni (img sandro aita)

Il cittadino sente la necessità di conoscere meglio il proprio territorio e di identificarsi con esso, e questo si esprime con diverse modalità di approccio. Che si tratti di iniziative di percorsi podistici, con finalità più ludico-sportive, o che si tratti di incontri per facilitare il dialogo tra generazioni, classi sociali  e professionali diverse, l'obbiettivo finale  è comunque quello di generare strategie politiche e proposte condivise per la gestione del futuro della città e incrementare il senso di appartenenza dei cittadini. L'esperienza diretta del luogo, attraverso il percorso materiale dello spazio (a piedi o in bici) diventa il miglior strumento di analisi e di progettazione, poiché facilita il reset  dei preconcetti  di ordine politico, sociale e antropologico, e veicola proposte di intervento più creative ed originali.

Il cittadino medio ha ormai sviluppato una forte capacità critica sugli aspetti legati alla vita urbana: una più democratica informatizzazione ma soprattutto l'esperienza diretta e continuata delle “cose urbane”, ha conferito allo stesso nuove competenze al punto da renderlo  una risorsa e uno strumento indispensabile nella pianificazione territoriale.

Quella che ormai comunemente viene definita "progettazione partecipata" però non riesce da sola a risolvere la complessità delle problematiche da affrontare. C'è dell'altro. Esistono dei fattori che interferiscono nell'evoluzione e nella caratterizzazione di un luogo che sono evanescenti, inafferrabili, difficilmente individuabili: , perché troppo “sottili” per essere percepiti con strumenti ordinari della “tecnica” urbanistica e architettonica:  alcune zone di città, apparentemente funzionali, sono spesso percepite come meno belle, meno sicure e meno sane, e non si riesce a capirne il motivo. Si parla di segni deboli , che non sono facilente rilevabili e riconoscibili se non da occhi esperti. Essi condizionano profondamente il nostro comportamento, modificano la nostra percezione della realtà concreta (oggettiva) e della realtà mentale (soggettiva).   

 Neuroarchitectura, in collaborazione con l'Ordine degli Architetti di Trento, ha organizzato lo scorso 17 ottobre  un tour in bicicletta dal titolo "Alla ricerca dei segni deboli della città",  per  uno sguardo attento  che aiutasse a cogliere questi segnali nascosti ed effimeri.

Itinerario di Trento:  i partecipanti con lo  sponsor "Prestabici" al punto di partenza.

Itinerario di Trento:  i partecipanti con lo  sponsor "Prestabici" al punto di partenza.

Questa chiave di lettura alternativa  non è  nuova: già nel 1964 Kevin Lynch scrive "L'immagine della città", e  parla di una nostra percezione dello spazio urbano non  distinta, ma parziale, frammentaria e mista ad altre sensazioni. La sua leggibilità tiene conto delle sensazioni "di colore, di forma, di movimento, di luce, dell'udito, del tatto, della cinestesia, della percezione di gravità, perfino di forze di campi elettrici e magnetici...".  Le linee guida  del teorico  americano sono state affiancate dalle più recenti conoscenze acquisite in campo neuroscientifico: le scienze cognitive, la neurospicologia e la neurofisiologia, assieme alla psicologia ambientale,  analizzano nel dettaglio gli aspetti percettivi, cognitivi ed emozionali, e caricano di significato fattori ambientali che sono stati fino ad ora ignorati, o considerati privi di efficacia concreta. Questi stimoli multisensoriali, che si traducono in modifiche comportamentali sia a livello sociale che individuale, trasformano la nostra esperienza del luogo e possono essere all'origine dei successi e/o degli insuccessi di alcune strategie urbane ed architettoniche, per quanto riguarda sia la qualità della vita dei residenti, sia le dinamiche commerciali e turistico-sociali in senso lato.

Questo primissimo tentativo locale di lettura "psicologica" del tessuto urbano ha riscontrato una risposta forte dei partecipanti. L'omogeneità del gruppo (si è trattato di una passeggiata in bici tra soli architetti) ha consentito un linguaggio unico, utile in questa prima esperienza esplorativa, ma che ha limitato, anche per il tempo ridotto, una lettura più libera e più diversificata, lasciando ai partecipanti il desiderio di replicare l'esperienza e consentire  un confronto più approfondito su un tema così innovativo e complesso che coinvolge anche le neuroscienze.

Diverse la reazioni registrate in un'altra passeggiata, che si è svolta in Villa Lagarina a inizio novembre, in occasione della presentazione del volume n° 18 dei “Quaderni del Borgantico” (**), curato dall’omonima associazione culturale. Questa volta il contesto ambientale era completamente diverso ed i  partecipanti,  eterogenei per diversa provenienza geografica e professionale, sono stati guidati, assieme all’architetto Sandro Aita (organizzatore del tour nell’antico borgo lagarino), lungo un percorso che ricalcava il tracciato storico ben conservato, dove l'architettura, assolutamente organica ed espressiva del luogo, ha espresso evidenti e chiari richiami ad una vita sociale ormai scomparsa ma ricca di suggestioni e stimoli percettivi. E' stata una bella occasione rilassata per "ascoltare" e toccare con mano quello che le città moderne spesso non riescono ad offrire, ma anche avere piena consapevolezza sensoriale di fenomeni che comunque agiscono a livello corporeo.

Certamente è più facile creare un ambiente coerente, equilibrato quando ci si muove in un mondo semplice da gestire, se non altro per le ridotte dimensioni demografiche. In questo caso  il “genius loci”, (quello che  C. Norbert  Schulz individua, nel suo saggio fondamentale, come caratteristica specifica e originale degli ambienti di vita urbana), viene più facilmente e meglio espresso.

Itinerario di Villa Lagarina , il Borgo Antico  (immagine di sandro aita)

Itinerario di Villa Lagarina , il Borgo Antico  (immagine di sandro aita)

 E' anche strano però che la pianificazione contemporanea (e la progettazione in genere) non sfrutti al massimo le sue reali potenzialità, e trascuri strumenti di indagine che potrebbero aiutare a capire meglio e prevedere le nostre reazioni comportamentali, e avere un potere anticipatore sugli scenari futuri, per definire un più corretto percorso di sviluppo della città. 

Le due esperienze sopra citate di “camminata percettiva” offrono un primo modello di esplorazione, certo inusuale, che alimenta una “democrazia partecipativa” dal basso, e che raccoglie stimoli e conoscenze utili per la crescita e la consapevolezza del senso di appartenenza ad un luogo.

Per concludere si riportano di seguito le parole che lo stesso Norbert Schulz, citando il suo predecessore Lynch, adopera nel suo saggio fondamentale “Genius Loci, paesaggio, ambiente, architettura”, del 1979:

una buona immagine ambientale dà al suo possessore un senso di profonda sicurezza emotiva”.
  • Si ringrazia l'architetto Sandro Aita per il suo prezioso contributo (contenuti e immagini).

Nota (**) L'articolo "L’antico Borgo di Villa. Silenzi, sussurri e grida di un cammino urbano che resiste e risuona nel tempo" è a pag 71.

 

 

 

“Dalla parte dei bimbi“ di studioELT

Il secondo appuntamento di questa rubrica lo dedichiamo al lavoro dello  studio di progettazione ELT di Napoli, e  in particolare analizziamo un loro intervento di retrofit in una scuola per bimbi di età compresa fra i 2 ed i 10 anni. “Dalla parte dei bimbi “ è il nome dell’istituto che sorge nel quartiere Vomero della città partenopea.

Uno sguardo verso l'alto : la Cupola trasparente termina il vano scala. (Crediti studioelt)

Uno sguardo verso l'alto : la Cupola trasparente termina il vano scala. (Crediti studioelt)

Nel nome c’è già, riassunta, la visione della committenza, e quindi anche l’ obbiettivo principale del progetto di creare, per i giovani occupanti, un ambiente stimolante e formativo capace di favorire e  supportare le diverse potenzialità  espressive e di apprendimento. La sfida è quella di creare un ambiente flessibile e dinamico all'interno di un involucro ottocentesco, e quindi di realizzare forme libere e fluide in opposizione ai superati schemi rigidi di una maglia e struttura inevitabilmente vincolante.

DETTAGLIO RAMPA centrale. (CREDITI STUDIOELT)

DETTAGLIO RAMPA centrale. (CREDITI STUDIOELT)

L’elemento più interessante ed emblematico è il vano scala, un tripudio di stimoli multisensoriali situato quasi al centro del corridoio principale . Qui non solo si sfrutta al massimo la luce del sole, ma si interviene manipolando i raggi diretti per creare giochi di riflessi, ombre e proiezioni, i cui effetti positivi sono percepiti a più livelli.  Giochi di linee e geometrie, ma anche di trasparenze, sono sollecitazioni tutte che catturano l’attenzione del bambino in un momento che richiede anche un forte controllo cinestetico, per il movimento di salita o discesa dei gradini. Indugiare e avanzare con prudenza diventa una esigenza del ragazzo e non un’imposizione.  

La cupola in vetro, che infine termina e ricopre l’intero vano, consente una pioggia di luce dall’alto che ha effetti molteplici: aiuta il reset necessario dopo lo sforzo intellettivo delle lezioni frontali (più rare ma sempre necessarie), diventa un’ occasione per volgere lo sguardo in alto e guardare il cielo per innescare indugio, indurre al rallentamento e alla pausa riflessiva.

Inoltre si esalta l’aspetto dinamico della luce naturale, componente fondamentale per il nostro benessere alla stessa stregua della qualità e la quantità  dei parametri luminosi, poiché, oltre che facilitare i processi neurofisiologici nella regolazione del nostro orologio biologico, scandisce il passare del tempo e offre un indizio ulteriore nella navigazione dell'edificio.

Non manca l'uso di colori vivaci che stimolano il corretto sviluppo della percezione degli stessi, in un percorso di apprendimento che raggiunge il suo culmine proprio verso gli 8 anni. I colori differenziati aiutano anche a caratterizzare i diversi sotto-ambienti in cui gli spazi fluidi delle aule e dei corridoi sono suddivisi. La pianta (nellaimmagine sotto)  mostra la fluidità dell’impianto planimetrico: il corridoio non è più una percorso concepito come collegamento asettico tra i vari spazi, per una percorrenza veloce e distaccata, ma diventa esso stesso occasione di sosta, di pausa riflessiva e di libera interazione sociale. Le simmetrie e le uguaglianze diminuiscono: i perimetri delle aule presentano a volte cinque lati, piuttosto che svilupparsi sui tradizionali quadrati o rettangoli regolari. Questa rottura degli schemi planimetrici e volumetrici ha effetti che non riguardano solo uno space planning più flessibile e originale, ma determina una dilatazione spazio-temporale per chi ci vive. I tempi per l’ambientazione  (intesa come presa di coscienza) in una stanza con cinque pareti sono più lunghi rispetto a quelli impiegati per l’interiorizzazione di uno spazio quadrilatero più o meno regolare.

il corridoio è uno spazio dinamico . PIanta piano terra . (crediti studioelt)

il corridoio è uno spazio dinamico . PIanta piano terra . (crediti studioelt)

Questa forma di comunicazione che lo spazio stesso esprime risulta giocosa e rende l'ambiente particolarmente vivace e piacevole. Sicuramente un eccessivo eccitamento richiede di essere bilanciato da un’educazione all’autocontrollo e all’autoconsapevolezza. Protocolli sempre più collaudati stanno rilevando la grande efficacia e utilità delle pratiche meditative per i ragazzi tutti, e non solo quelli con problemi legati all’iperattività.

Risulta quindi evidente che il design dello spazio sia lo strumento principale dell’attività di programmazione didattica contemporanea (e dell’immediato passato). Un ambiente adeguato è uno strumento di conoscenza principale perché offre esperienze multisensoriali: non solo attraverso le stimolazioni visive, uditive e tattili, ma anche con la gestione degli schemi comportamentali, siano essi di gestione del movimento corporeo oppure di controllo delle relazioni sociali, per lo sviluppo dei competenze relazionali e introspettive.

PARTICOLARI AULE (CREDITI STUDIOELT)

PARTICOLARI AULE (CREDITI STUDIOELT)

Questa impostazione didattica non fa riferimento solo al metodo montessoriano oppure steineriano, ma è il risultato delle teorie sulle intelligenze multiple, come quella di Howard Gardner, secondo cui non esiste solo l’intelligenza linguistica o logico-matematica, ma anche quella visivo/spaziale, naturalistica, musicale e cinestetica. Per dirla in modo semplice, gli studenti posseggono diversi tipi di mente e quindi imparano, ricordano, eseguono e comprendono in modi diversi.

Lo sforzo richiesto per l’adattamento della vecchia struttura scolastica alle nuove esigenze distributive e strutturali dell’edificio in questione si può considerare una metafora dello sforzo intellettuale che i tempi che stiamo vivendo richiedono. Una trasformazione di visioni, obbiettivi e convinzioni sta coinvolgendo tutti i campi, da quello sociale a quello formativo e produttivo.

La scuola “Dalla parte dei bimbi” non è di recente realizzazione, ma più di dieci anni sono passati da quando Fabiana, Stefano e Rossella hanno partorito il concept e hanno aperto il cantiere. Complimenti a loro per essere riusciti, già allora, a mettere in pratica quelli che ancora oggi rimangono i propositi per una profonda trasformazione dell’edilizia scolastica.

 

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

1000 WORDS ABOUT ... ... La nuova rubrica

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1000 WORDS ABOUT è il nuovo appuntamento mensile di NeuroarchiteCtura in cui vengono esaminati realizzazioni di edifici, o semplicemente spazi, che meglio  rispondono alle esigenze performative e/o emozionali delle persone che ci vivono.

gli appuntamenti :

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

La Bellezza : un concetto, un valore o solo un'area del cervello che si attiva?

“Beauty is nothing but the beginning of terror” scriveva Rainer Maria Rilke agli albori dello scorso secolo, sovvertendo la cultura della bellezza neoclassica e riportando con vigore la cultura del sublime romantico. Ma la domanda è: la bellezza è un concetto che solo la poesia può tentare di spiegare? Forse il cosa sia bello resterà un mistero, ma cosa accade quando lo vediamo non lo è più.

La neurobiologia non ha alcun interesse a capire quali siano i fattori che determinano e scatenano la sensazione del bello e del piacere nell'uomo, piuttosto essa tende esclusivamente a comprendere cosa succede nel nostro sistema nervoso quando si esperisce il bello. Semir Zeki, ( nella sua intervista per 'Why Are We Here?'),   sostiene questa posizione e prende le distanze da ogni confronto diretto sul tema con il resto del mondo intellettuale, in particolare quello più umanista, il quale, al contrario, teme moltissimo la contraddizione in cui cadrebbe il proprio percorso ideologico di fronte alle inconfutabili prove scientifiche.

Intervista a Semir Zeki (clicca qui per il video)

Intervista a Semir Zeki (clicca qui per il video)

Gli architetti, invece, darebbero chissà cosa per conoscere la magia nascosta che rende alcuni spazi molto più piacevoli di altri: si risolverebbero gran parte dei problemi legati all'arbitrarietà del design , sia esso urbano, architettonico o del prodotto, e finalmente si avrebbe un riferimento teorico immutabile, oggettivo. e stabilizzante.

Costanza del colore: SIriconoscono i colori coerentemente anche quando soggetti a differenti livelli di luce ambientale

Costanza del colore: SIriconoscono i colori coerentemente anche quando soggetti a differenti livelli di luce ambientale

Il nostro cervello è sempre alla ricerca di riferimenti stabilizzanti e tutti i processi sensoriali non sono altro che espressione di questa tendenza: la realtà visiva che percepiamo non è altro che l'interpretazione soggettiva delle onde elettromagnetiche e delle costruzioni prospettiche delle forme, le quali tendono a eliminare le contraddizioni e le incertezze . Per esempio noi percepiamo sempre le foglie come verdi, cioè come esse si presentano in pieno giorno,  nonostante queste abbiano un aspetto diverso in altri momenti della giornata, cioè quando riflettono principalmente il rosso del crepscolo o dell'alba. Il processo percettivo è uno strumento di sopravvivenza e pertanto tende a fornire gli strumenti per riconoscere la realtà nella misura in cui noi ne abbiamo bisogno. Quando la stessa realtà ci restituisce forme, colori, e suoni nella modalità che ritieniamo avere senso, noi proviamo piacere , e tale sensazione è strettamente legata alla credibilità ancor prima che alla semplicità, e produce un senso di soddisfazione nel cervello.    

Zeki ci tiene a precisare che non esistono delimitate aree del cervello deputate alla percezione del bello ma si può asserire con certezza che esista una parte del cervello che si attiva quando proviamo la sensazione del bello. Questa zona è la corteccia orbito frontale media, ed è la stessa che si attiva quando reagiamo positivamente per la consegna di un premio, quando ascoltiamo bella musica, quando siamo coinvolti indirettamente o direttamente in un'azione che consideriamo giusta e/o buona (Bello Morale di kantiana memoria). E' una sensazione che ci pone in relazione con il mondo e può variare in intensità, ma mai al punto di destabilizzarci.

Quando si alza "il volume" del piacere e si arriva ad un punto destabilizzante, la bellezza svanisce per lasciare il posto a qualcosa di diverso, che è il sublime. Il sublime viene definito come la bellezza che si coglie nell'orrore, ciò che di bello è racchiuso nel terrificante. Si tratta della sensazione suscitata dalla natura nelle sue manifestazioni più grandiose e potenti, come la tempesta o anche la vista di una alta cima. E' questo un punto di disequilibrio in cui si spegne il senso del sè in relazione con il mondo e la propria parte autoreferenziale per essere travolti dal senso di infinito e di impotenza., che trascende i sensi. Inaspettatamente, quando si prova il sublime, l'area cerebrale che si attiva - il giro frontale medio inferiore - non è la stessa di quella coinvolta quando esperiamo il bello. Si tratta di una zona implicata in forti esperienze emozionali e si registra come pura costruzione mentale.

Possiamo distinguere in architettura esempi di ricerca del sublime ed esempi di ricerca del bello ? E quali potrebbero essere le caratteristiche ambientali che distinguono una categoria dall'altra?

Stando a quanto detto finora dovremmo asserire che una architettura è bella quando soddisfa il nostro cervello, non stressa ed offre una ergonomia cognitiva oltre che fisica.  La linea di demarcazione che separa il sublime dal bello è molto sottile ed è anche strettamente correlata al tempo e alla evoluzione culturale. Quanto tempo possiamo risiedere nella casa Battlò senza sentirne il peso dei continui e ripetuti stimoli sensoriali ? L'opera di Gaudì è una delle meravigliose mete turistiche in Barcellona, ma sono abbastanza certa che nessuno di noi sarebbe proprio lieto di spendere la propria vita in spazi come questi.

Casa Battlò -interno. Immagine di Nicola De Pisapia

Casa Battlò -interno. Immagine di Nicola De Pisapia

Una "architettura bella" invece sfida i cambiamenti culturali e rimane piacevole da vivere sempre e per le diverse tipologie di utenza. E' quella che ci vuole nei luoghi dove trascorriamo gran parte delle nostre giornate: dove studiamo, dove lavoriamo e dove spendiamo il tempo con la nostra famiglia.  Essa deve essere capace di ricaricarci piuttosto che sovraeccitarci.

Lasciamo, dunque, che siano i musei, le chiese, gli spazi ludici ad offrire effetti speciali ed esperienze positivamente sovra-stimolanti. Lasciamo che siano le opere d’arte a sorprenderci con le loro forme.

Nell’ambito degli spazi quotidiani, invece, ben venga la riabilitazione del maestoso, attraverso l'uso seducente dei linguaggi classici (volte ed arcate), così come anche la provocazione delle sperimentazioni innovative, perché tali linguaggi provocatori facilitano il reset degli stati mentali negativi e predispongono alla creatività, ricordando però che ogni soluzione vada proposta nel luogo e nel momento giusto.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

L'impalpabilità dei fattori che rendono i luoghi magici.

L'atto di fede è un processo cognitivo che può prescindere dalla religiosità dell'individuo e può scatenare non solo una serie di effetti emotivi e psicologici, ma anche fisiologici. E' da oltre un secolo che medici-scienziati cercano di spiegare empiricamente casi etichettati come miracolosi oppure di autosuggestione, ma solamene negli ultimi decenni si stanno ottendendo prove attendibili e più larghi consensi sulla scientificità delle spiegazioni sul potere magico - in quanto persuasivo - di alcuni fattori spaziali. 

Fiaccolata  in  San Romedio - foto di Nicola De Pisapia

Fiaccolata  in  San Romedio - foto di Nicola De Pisapia

Nel libro " Viaggio a Lourdes" l'autore francese Alexis Carrel, premio Nobel per la medicina nel 1912, narra di un caso di guarigione inspiegabile in cui una donna destinata a morte certa guarisce miracolosamente dalla peritonite tubercolare. Carrell, dichiaratosi fino ad allora agnostico, definisce il caso una manifestazione di autoguarigione resa possibile grazie ad un'accelerazione dei processi di riparazione organici, probabile effetto della forza scatenante dell'atto di preghiera e dello stato estatico.  Le sue ipotesi sull'autoguarigione non trovano riscontro e consensi nel mondo della ricerca dell'epoca, ed è solo all'inizio del nuovo millennio, dopo oltre cinquanta anni dalla sua morte, che si intraprendono nuovi progetti di ricerca strutturati sul funzionamento del cervello nei momenti di profonda fede e tranquillità. Si distingue in particolare il gruppo di R. Davidson che riesce a provare l'esistenza degli effetti benefici della meditazione: quella che inizialmente viene definita scienza di frontiera diventa pian piano un filone sempre più importante delle dscipiline neuroscientifiche.

Ma cosa c'entra tutto questo con l'ambiente e quindi con l'architettura?

Se state leggendo questo articolo è molto probabile che vi siate già imbattuti in altre letture di questo blog, le quali spiegano i profondi legami tra lo stress fisico - e quindi mentale - ed alcuni fattori ambientali negativi. Si è già discusso anche di come ambienti possono trasformarsi da stressanti a rigeneranti ed estremante confortevoli grazie ad un uso armonico di colori, luci, tessiture, geometrie e sonorità.

falling garden- 50° biennale di venezia . crediti: Gerda Steiner and Jorg Lenzlinger.

falling garden- 50° biennale di venezia . crediti: Gerda Steiner and Jorg Lenzlinger.

Per creare ambienti vibranti,  estasianti, quasi magici dovremmo cercare di andare oltre il concetto di comfort e funzionalità quando si definiscongli obiettivi di un progetto architettonico. Se l'approccio si basa sull'aggiunta semplicistica e addizionale di elementi destabilizzanti e starordinari c'è il rischio di creare effetti di ridondanza e fastidio. Esitono però esempi ben riusciti sia in architettura che in natura che lasciano una sensazione di meraviglia e positività, che migliorano la nostra spiritualità al punto da predisporci al buon umore e al buon rapporto con il prossimo e con noi stessi. L' esempio è fornito non solo dai luoghi sacri confinati ( templi e chiese), ma anche dai tanti luoghi che non hanno alcuna pretesa celebrativa per l'entità esterna a noi stessi. Se spogliassimo il comune di Lourdes degli attributi e significati aggiunti dopo le apparizioni mariane, e lo considerassimo un semplice borgo medievale, gli riconosceremmo comunque il merito di saper offrire ai suoi ospiti uno spettacolo particolare, specialmente durante la processione che si snoda lungo la sua collina: un senso di estasi e beatitudine è innescato dal luccichio delle fiaccole trasportate dal fiume di pellegrini sullo sfondo di un tarda luce crepuscolare tipica francese. Il forte coinvolgimento e l'intensa partecipazione popolare contribuisce al sentimento corale di meraviglia e di elevazione spirituale, ma è l'armonia dei diversi elementi ambientali dello sfondo che concilia il tutto con un effetto soprannaturale e magico.  Creare un atmosfera magica, per predisporre la propria mente a una certa forma di ingenua credulità è un mezzo per ripulire definitivamentela mente da pensieri negativi.

La chiesa è solo un esempio antico di come uno spazio possa indurre determinati stati mentali ed è indubbio che anche un ateo o agnostico dichiarato non rimanga indifferente alle suggestione che molti edifici del genere infondono. Allora possiamo asserire, senza rischio di blasfemia, che le installazioni artistico/architettoniche, possano suscitare parzialmente sensazioni simili a quelle infuse dai luoghi sacri ? Possiamo attribuire a questi spazi quel potere magico che predispone gli occupanti alla meraviglia ? 

La meraviglia è uno stato mentale assimilabile ad un particolare stato attentivo, in quanto attiva la stessa parte del cervello - quella frontale - che viene coinvolta in un compito di tipo intellettuale. La meraviglia è un sentimento comune a tutte le culture e a tutte le età', ed è più forte e frequente nell'infante, dove si traduce in eccitazione che mette in movimento tutto il corpo e che pone il piccolo essere in uno stato di totale dipendenza. Creare dipendenza negli adulti è un rischio che si corre quando si stimolano determinati stati mentali ma tale errore è facilemente evitabile. Bisogna fare in modo che l'elemento soprannaturale venga accettato nella sua dimensione onirica, dove tutto diventa credibile a prescindere della predisposizione che ognuno ha nei confronti dell'inspiegabile. Credere, andare contro vento e contro gli schemi della razionalità ci inebria e ci aiuta non solo nei processi di recupero fisico durante le malattie, ma ci rende propensi a rompere gli schemi noti e alimentare la nostra creatività. L'illusione che non diventa fanatismo innesca un serie di effetti positvi sulle performance di vario tipo: ci aiuta ad essere più assertivi , responsabili, decisi e organizzati, insomma ci rende delle persone funzionali e pertanto più sane. Attrezzare i luoghi con aree dedicate a questo tipo di esperienza potrebbe diventare un requisito nella pianificazione urbana e territoriale e nella regolamentazione degli spazi pubblici dediti all'educazione. Questo è un auspicio.

Lo "spettro" del LED avanza ... ma non fa paura

LED è un acronimo che deriva dall'inglese Light Emitting Diode (Diodo a emissione di luce) . Grazie alla sua capacità di emettere luce con costi energetici bassissimi  è diventato il simbolo dell'efficienza energetica luminosa nella progettazione degli spazi . All'origine il Led trovava applicazione esclusivamente in elettronica - tutti dovrebbero ricordare le piccole lucine rosse dei circuiti - poi lentamente la gamma dei colori si è arricchita grazie alla disponibilità della luce gialla e poi di quella verde, mentre parallelamente migliorava anche la qualità della luce.

Nabana No Sato - Winter Illumination.  (foto: tulipanorosa.blogspot.it )

Nabana No Sato - Winter Illumination.  (foto: tulipanorosa.blogspot.it )

La grande rivoluzione è avvenuta con l'avvento del LED blu, che ha consentito la produzione di una luce bianca e quindi ha reso questo sistema di illuminazione  finalmente in grado di competere con le altre tipologie di lampadine più comuni (le lampade fluorescenti , che nonostante contenessero mercurio andavano già a sostituire le lampadine a incandescenza).  

In nome di una nobile causa a favore del risparmio energetico e della sostenibiltà si è verificata una corsa alla sostituzione delle vecchie lampadine nei diversi apparecchi luminosi, con effetti però negativi. Ci è voluto poco perché l'utente medio si rendesse conto del calo di qualità dell'illuminazione e percepisse in modo sempre più consapevole quel senso di fastidio causato innanzitutto dalla cattiva resa del tono della luce. E' sembrato a molti di ricadere nel baratro della depressione causata dal vecchio neon  che illuminava gli ambienti di servizio e le cucine negli anni '70. 

Da allora è cominciato un braccio di ferro tra l'avanguardia tecnologica, pronta a  garantire puntualmente prestazioni sempre più migliorate del LED, ed i molti progettisti ancora legati ai prodotti tradizionali in quanto garanti di una qualità luminosa ineguagliabile.

la melatonina regola il ritmo circadiano e si produce in assenza di luce.

la melatonina regola il ritmo circadiano e si produce in assenza di luce.

Se all'origine era solo la resa estetica scadente della luce fredda ( intesa in senso semantico ed espressa in kelvin come temperatura di colore piuttosto alta) a generare una forte ostilità nei confronti del LED,  in seguito si è schierata contro anche la ricerca scientifica, promotrice di un nuovo concept della progettazione luminosa.  L'illuminazione umanocentrica - in inglese humanocentric lighting, HCL- pone il benessere psico-fisico dell'utente/occupante, e non più il risparmio energetico,  come principale obiettivo nella progettazione degli ambienti, e si basa sulla scoperta degli effetti deleteriche una illuminazione qualitativamente inadeguata possa avere sulla nostra salute.

Nel 2001 è stato identificato all'interno dell'occhio umano un terzo tipo di fotorecettore , distinto dai coni  e dai bastoncelli, responsabiliesclusivamente della resa visiva , il quale è particolarmente sensibile alla luce blu (onde corte nello spettro del visibile) ed agisce direttamente sul buon funzionamento del nostro ritmo circadiano, ovvero sulla regolazione del ciclo sonno -veglia e dei vari processi che seguono a catena , responsabili delnostro equilibrio psico-fisico. In poche parole si è scoperto che l'occhio umano è un rilevatore di luce blu, cioè della luce naturale della prima fase della giornata: la completaprivazione di quest'utlima, così come una sua somministrazione nei momenti sbagliati, come la sera,  può distruggere l'equilibrio neurofisiologico anche nei non vedenti. Questa scoperta apre nuove sfide in campo scientifico ma soprattutto genera un forte dilemma a livello di mercato e normativo, perchè le condizioni che stimolano questo nuovi recettori non sono le stesse condizioni che assicurano un'ottima visibilità e tanto meno rispondono ai principi di sostenibilità economica.

Il ruolo del LED in questi ultimi anni , caratterizzati da una grande innovazione tecnico-scientifica,  rimane centrale.  Esso rappresenta ancora la soluzione migliore negli ambientiprivi di luce naturale specialmente durante il giorno, per la sua capacità diriprodurre una temperatura di coloremolto vicina a quella della luce del cielo azzurro ed attraverso una resa spettrale molto più omogenea rispetto alla  freddissima lampada fluorescente. Ma nelle ore serali la luce alogena  rivendica ancora la sua maggiore efficacia estetica e salutogenica, nonostante il suo elevato dispendio energetico che avrebbe determinato, da parte della Commissione Europea, la decisione di fissarne  il "phase out" per il settembre 2016(ad esclusione degli spotlight e dei riflettori e le lampade da tavolo che invece rimangono nel mercato).

Sistema luminoso a moduli 50X50 ciascuno contenente 200 diodi e generante 16milioni di tonalità . Fraunhofer Institute, Stoccarda

Sistema luminoso a moduli 50X50 ciascuno contenente 200 diodi e generante 16milioni di tonalità . Fraunhofer Institute, Stoccarda

La recentissima evoluzione del "tunable" LED , ha poi segnato un ulteriorepasso in avanti nella capacità di offrire , con una sola fonte luminosa , una luce regolabile per le diverse esigenze temporali ,di ambientazione e di benessere; il tutto  con una precisione, risoluzione spettrale e brillantezza superiore alle altre più comuni sorgenti di luce. 

 Al momentoi costi sono ancora poco competitivi, ma l'andamento evolutivodella tecnologia LED lascia molto spazio all'ottimismo, al punto da spingere laCommissione Europea ad estendere la scadenza del phase out delle alogene - sopra citata-  fino a settembre 2018. La speranza è che il tempo possa favorire la disponibilità di tecnologie sostitutive più competitive anche dal punto di vista commerciale e rendere il fenomeno del  "relamping"  quanto più graduale e ben accetto da tutti.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)