Verso una nuova intelligenza di sistema

Storia a puntate di una rapida trasformazione. (2)

C'è grande fermento nel mondo della progettazione degli spazi lavorativi nel definire nuove linee guida e adattarsi velocemente per affrontare la fase2 e la fase3 dell’emergenza CoViD19. L'importanza di un approccio multidisciplinare per poter affrontare il problema in modo globale coinvolge parimente tecnici, intellettuali, e dirigenti di aziende leader per risolvere una crisi del vecchio concept di ufficio già in atto, ma che ora è conclamata per l’avanzare di un nuovo modo di percepire lo spazio.

Densità di traffico pedonale auspicabile in futuro post-Covid. Foto di N.De Pisapia

Densità di traffico pedonale auspicabile in futuro post-Covid. Foto di N.De Pisapia

In particolare lo spazio personale si è dilatato invadendo quelli che erano i confini dedicati al rapporto sociale, con l’ effetto spiacevole di mettere gli individui in un costante stato di allerta e di disagio. Sono annullati i vecchi automatismi che regolano il traffico pedonale non solo dei luoghi urbani ma anche degli spazi interni, perché i vecchi riferimenti spaziali non ci danno più sicurezza. Le nuove distanze da rispettare, che siano esse imposte o che siano dettate da un istinto di sopravvivenza e di difesa, non sono di immediata acquisizione dal nostro corpo, o meglio dal nostro sistema propriocettivo, anzi esso deve imparare ad usare il passo, ad reinterpretare i volumi, a prevedere ed interpretare anche il movimento degli altri

Avete in mente uno degli incroci più caotici del mondo, quello di Meskel Square in Addis Abeba, che tempo fa girava molto sui social  e provocava stupore ma anche  ilarità? Noterete che in questo caso la circolazione non è affidata ad un semaforo o a un vigile, ma al buon senso degli automobilisti (e anche dei pedoni),  che riescono a procedere senza mostrare molta titubanza, nonostante avanzino con diversa velocità e traiettoria. Ciascuno riesce a prevedere l'azione dell'altro e rallentare, coordinarsi al punto di sfiorarsi pur mantenendo il passo costante, o comunque variabile secondo un'andatura lineare e raramente a scatti, capace di comprendere le dinamiche nel loro complesso senza mediazione esterna.

traffic.jpg

Si tratta qui di un esempio di manifestazione di intelligenza di sistema che si crea con il tempo e non si acquisisce all'improvviso. Se volessimo provare ad omettere i semafori ad un incrocio di Milano di questi tempi, molto probabilmente i risultati sarebbero catastrofici.

Sembra che laddove l'intelligenza individuale si esprime al meglio risulti più difficile il coordinamento e l'intesa tra gli individui, e viceversa.  E allora cosa dobbiamo auspicarci in questa fase di graduale ritorno alla “nuova normalità"? L’imposizione del rispetto delle distanze, per minimizzare i rischi di contagio, mette in crisi le vecchie dinamiche di sistema, e non solo per il superamento dei problemi tecnici funzionali e organizzativi, ma per la gestione di un fattore psicologico più nascosto ma fondamentale: la fiducia e la percezione del pericolo. I neuro-urbanisti, attenti alle dinamiche psicosensoriali che possono condizionare i comportamenti e decretare il successo o il degrado di determinati luoghi pubblici, conoscono bene quanto sia importante controllare questo aspetto emotivo. Le ultimissime indagini sugli effetti dell’improvvisa conversione al digitale del mondo lavorativo hanno registrato un aumento del livello di trust e una correlata fertile collaborazione, con risultati che sono andati oltre le aspettative.   Il momento di alta crisi delle primarie esigenze fisiologiche, legate alla buona salute e alla sicurezza, ha alterato le soglie minime per soddisfare i piani più alti, cioè il sentimento di appartenenza, di amicizia e di stima reciproca. Dopo un momento di grande shock e stress il telelavoro ha consentito un equilibrio emotivo e sociale nuovo, anche se instabile.

Spazio intimo

Spazio intimo

L’imminente rientro nelle sedi lavorative previsto dalla fase2 richiede un ulteriore sforzo di adattamento. In nome del rispetto del distanziamento di sicurezza è necessario il raddoppio degli spazi dedicati alla circolazione e alle postazioni individuali, con conseguente riduzione del numero delle postazioni stesse. L’uso di mascherine, l’imposizione di barriere di controllo e il continuo monitoraggio aggiungono ulteriore disagio e sgomento. La routine lavorativa è stravolta e rende gli individui insicuri sia dei propri movimenti che delle intenzioni altrui, nonostante si tratti di colleghi di vecchia data.

Parole come resilienza, opportunità, adattamento sembrano ben descrivere la situazione attuale , ma è forse nel concetto di malleabilità che meglio si collocano le risposte per un approccio risolutivo, perché adatto a creare ambienti fluidi e continuamente adattabili.

Non c’è più spazio per una corrispondenza biunivoca tra luogo e utenza. La casa è e sarà sempre la propria, ma non sarà solo luogo domestico, così come l’ufficio, all’opposto, continuerà a essere esclusivamente luogo di lavoro, ma risponderà a utenze diverse e alternate nei giorni e nei modi di utilizzarlo.

C’è chi auspica una flessibilità d’uso così ampia da permettere, per esempio, che teatri diventino ospedali di emergenza, oppure che centri commerciali possano trasformarsi all’occorrenza in scuole, ma questo è un problema di più ampia scala che richiede tempi di trasformazione più lunghi. Rimanendo nell’ambito degli spazi lavorativi si richiedono tempi di adattamento molto stretti, e diciamo che, per fortuna, il cambiamento già in corso del concept di ufficio segue una impostazione e andamento che non si distanzia molto da quella che siamo costretti a seguire adesso.

Ora più che mai abbiamo bisogno di un approccio integrato e trasversale delle diverse competenze, per anticipare il futuro ed affrontare le incertezze, poiché le trasparenze dei divisori in metacrilato o in plexiglas non possono costituire l’unica risposta da parte del design. Il contemporaneo linguaggio progettuale degli ambienti lavorativi solo ieri si è arricchito di vocaboli quali “inclusione” e rispetto delle “neuro divergenze”. Questo approccio rispettoso dei diversi profili psicologici ha certamente una valenza anticipatoria delle dinamiche di gruppo, e anche se è grande la sfida imposta dalle dimensioni e dalle tempistiche del cambiamento in atto, ci auguriamo che si possa al più presto definire una nuova intelligenza di sistema.

 

Comment

Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Gli Spazi lavorativi ai tempi del Coronavirus.

Storia a puntate di una rapida trasformazione. (1)

L’ emergenza coronavirus ha procurato una serie di effetti collaterali inaspettati tra cui quello di avere un forte impatto sull’accelerazione e diffusione dello smart working. Tale modalità lavorativa da remoto ha coinvolto improvvisamente utenti che erano impreparati a questa rivoluzione lavorativa ed ha pertanto messo in evidenza delle criticità che invece una lenta conversione rischiava di ignorare.

Un libro sulla gestione delle componenti mentali nello smart working

Un libro sulla gestione delle componenti mentali nello smart working

Lo Smart Working è un fenomeno annunciato già qualche decennio, ma regolamentato solo nel 2017 con la legge 18, frutto di una sperimentazione che progressivamente avrebbe delegato le attività più routinarie e ripetitive all'intelligenza artificiale, sottraendole agli obblighi dell'impiegato.

L‘avvento della pandemia ha abbattuto in modo dirompente (e anche traumatico) quelle barriere burocratiche che rallentavano questa rivoluzione, anticipando un cambio di assetto mentale (mindset) che tardava ad attuarsi. Tali questioni adesso impongono un immediato intervento regolatore perché una utenza nuova, inesperta, ma anche più allarmata e pressante, lo richiede. Oggi ci si trova ad affrontare improvvisamente questioni già anticipate dalla routine lavorativa tradizionale, e cioè quelle legate ad una gestione nuova del tempo e dello spazio lavorativo. In realtà le nuove evidenze scientifiche e le nuove teorie progettuali su di esse basate, sono già disponibili e solo una certa pigrizia culturale ostacolava il loro mettersi in gioco.

Immagine di G. Ascione

Immagine di G. Ascione

L'avvento della robotica e dell'intelligenza artificiale ha determinato un aumento generale dell’ingaggio cognitivo (Knowledge Working), cosa che ora richiede una maggiore consapevolezza del capitale mentale individuale e delle sue potenzialità migliorative, oltre che dei limiti salutogenici che bisogna rispettare.

Questo aumentato carico mentale nei confronti dei lavoratori tutti - smart e non - esige dei tempi lavorativi che devono essere riconsiderati e riorganizzati in modo compresso e ridistribuito, alla luce delle nuove ergonomie cognitive e dei nuovi contesti da coordinare. (1)

L’emergenza ha creato  tanti lavoratori smart improvvisati, ma indirettamente ha anche esasperato delle criticità dell’ambiente lavorativo in genere, che sia esso arrangiato nel proprio ambiente domestico o che sia quello delle sedi ufficiali aziendali.

Ci siamo resi conto che, nonostante la convivenza continua con la famiglia ci sottoponga  a stressor (interferenze e interruzioni) che equivalgono a più open space messi insieme, riusciamo a volte a ottenere buoni risultati alla fine della sessione lavorativa, nonostante il tempo  effettivamente  dedicato  ci sia sembrato poco. Cosa è successo?

Stare lontani dagli uffici tradizionali ci ha sicuramente restituito il tempo perso a rincorrere le paranoie da conflitto e le pause caffè necessarie al recupero di burn-out o rimuginii, ma le interferenze dei familiari (sia figli che partner) non sono da meno. Inoltre non si può nemmeno pensare che il multitasking in famiglia possa funzionare solo perché facilitato da una armoniosa condivisione di visioni, regole ed intenti.   Le neuroscienze assolutamente non hanno dubbi a riguardo: il multitasking è una pura illusione e non è applicabile in nessuna condizione, tanto che quando si crede di fare più cose contemporaneamente in realtà si commettono solo più errori o comunque si lavora più lentamente.

Stressor da lavoro

Stressor da lavoro

E se c’è chi pensa di essere un genio e di poter risolvere con il multi-tasking  l’aumentato carico cognitivo di cui parlavamo prima, c’è un interessante articolo scientifico che attribuisce a queste persone l’appellativo di “pericolose”, perché pare che l’individuo tenda a sovrastimare le proprie abilità, soprattutto quando si tratta di salute fisica, intelligenza e popolarità.

Ritornando quindi alla domanda precedente, dove si è trovato il tempo di finire il lavoro?

Molto probabilmente, se chiedessimo agli smart worker dell’emergenza, alle mamme insegnanti oppure ai papà designer, questi risponderebbero che sono ricorsi ad alcune ore rubate al risveglio, oppure hanno tratto vantaggio da tanti piccoli intervalli di tranquillità totale segretamente spesi in ripostiglio.

 Questa nuova categoria di tele-lavoratori, privi di esperienza nel campo, più ingenui ma anche liberi dal pregiudizio, costituiscono una prova di valutazione e validazione molto attendibile, che aiuta a velocizzare un percorso di conversione del concetto di contesto lavorativo che non riguarda solo il lavoro agile dentro le mura domestiche, ma interessa il futuro molto prossimo degli uffici tutti, che dopo la fine della pandemia, ci auguriamo ritornino a funzionare in modo più salubre, efficace ed efficiente di prima. Concentrazione, attenzione, memoria di lavoro, soluzione di problemi, default mode, sono tutti componenti di una attività mentale creativa e quindi produttiva, che richiede tempistiche ben precise.

Il mattino ha l’oro in bocca, si dice spesso. E la scienza è d’accordo, ma tante ancora  sono le verità da sapere sulla sapiente gestione del tempo e dello spazio.

Alla prossima puntata.

Smart Working Mind , Strategie e opportunità del lavoro agile, N. De Pisapia, Mi. Vignoli , Il Mulino* (farsi un’idea) 2021.

 

 

 

Comment

Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

La rinnovata consapevolezza di essere rilevatori di cielo

L’evidenza scientifica ha in più occasioni  provato l’importanza che le passegiate all’aria aperta ed i bagni di luce naturale hanno per la rigenerazione psicofisica nella routine lavorativa e scolastica, e numerosi sono gli articoli prodotti sul tema.

Ragazzo, cielo e mare . Foto by N. De Pisapia

Ragazzo, cielo e mare . Foto by N. De Pisapia

Eppure adesso capita che sia proprio una emergenza sanitaria, questa del Coronavirus, ad interrompere un’ abitudine fondamentale per il nostro benessere, e a costringerci a rimanere, a tempo indeterminato, dentro le mura domestiche. Succede così che ciò che prima sembrava quasi un’imposizione, una prescrizione del medico, ora si trasforma in istinto personale  che è difficile domare.

E’ una rinnovata consapevolezza del nostro essere profondamente affiliati alla natura, che ritengo essere uno degli effetti positivi di questa emergenza Coronavirus. Ma cosa scatena il nostro istinto a uscire fuori degli ambienti confinati? E cosa accade al nostro organismo quando ci troviamo all’aperto?

L’uomo è soprattutto un rilevatore di luce blu, il che significa che una dose di luce ben definita, per quantità, qualità, direzione, e tempismo, risponde a precise esigenze neurofisiologiche, e sopra tutte quella di mantenere in carica il nostro orologio biologico. La parola entrainment, usata più in cronobiologia, indica l’effetto che, attraverso gli occhi, lo stimolo luminoso sortisce sul nostro sistema-corpo, per renderlo allineato con l’ambiente circostante e quindi coordinare il ritmo circadiano. In tedesco si usa il termine  zeitgebers , cioè “che dà il tempo”, ed in italiano possiamo tradurla con sincronizzazione.  

Salaattesa all’aeroporto . Foto di N. De Pisapia

Salaattesa all’aeroporto . Foto di N. De Pisapia

Quando effettuiamo voli transoceanici, quelli che ci permettono di assistere ai  tramonti o albe interminabili, il nostro orologio si guasta, o meglio si sposta in avanti o indietro, a seconda della situazione.  Conosciamo l’effetto devastante di un jet-lag, ma non ci rendiamo conto di quanto a volte anche situazioni meno drastiche, più lente e perpetuate possano essere logoranti. Gli effetti negativi sono meno avvertiti quando trascorriamo molto tempo diurno in ambienti scarsamente illuminati, oppure quando ci esponiamo a forti luminosità nelle ore serali. Il nostro corpo si adatta, ma a quale costo?

Il ritmo circadiano, l’ingranaggio principale che regola il ciclo veglia-sonno, è concatenato a sua volta con altri sub-ingranaggi quali la digestione, la produzione ormonale, la pressione sanguigna, la temperatura corporea, ecc.. Questi sono tutti ritmi endogeni, cioè avvengono comunque e indipendentemente dai segnali esterni sincronizzanti, ma se lo sfasamento si perpetua nel tempo succede che inizialmente la stanchezza, poi la depressione e poi le sindromi legate a patologie vere e proprie si manifestino in modo inesorabile e devastante.

ragazza_alla_finestra.jpg

 La luce è il segnale più importante ed efficace che abbiamo, anche se non l’unico. La regolamentazione dei pasti, un’adeguata attività fisica sono altri importanti fattori comportamentali che assicurano il buon funzionamento dell’organismo. Rimane il fatto che il nostro fisico reagisce come una cartina al tornasole, cioè risulta evidentemente resettato/ricaricato da una passeggiata all’aperto in pieno giorno. I fotorecettori dell’occhio, non a caso quelli collocati nella parte bassa, in determinate ore del giorno sono sensibili alla cupola di cielo sovrastante, e, sembra strano, lo sono anche quando il tempo è uggioso. Spaventati ulteriormente da questa quarantena? Non è il caso di esserlo, tanto basta che alloggiate nei punti più luminosi della casa, oppure che vi affacciate alle finestre per quel tempo minimo e sufficiente a farvi sentire più energetici e ricaricati.