I percorsi della luce nel nostro corpo

Con la scoperta del terzo fotorecettore si è capito che la luce, una volta fatto il suo ingresso nel nostro corpo attraverso l’occhio, segue percorsi alternativi a quello principale, cioè quello che collega la retina con la corteccia visiva, nella parte occipitale.  

Fig. A . Fonte web

La luce arriva al nervo ottico e poi devia, segue un altro breve percorso per fare quindi sosta nella parte centrale del nostro encefalo (vedi fig.A), che non è funzionale alla visione della realtà oggettiva (parola grossa, perché la realtà che percepiamo non è mai oggettiva), ma diventa un segnale per attivare o disattivare processi biologici e predisporci a determinate attività fisiche e/o mentali. Stiamo parlando dell’attivazione del recettore ipRGC, che reagendo alle onde corte della luce che arrivano nella parte bassa dell'occhio, quelle blu che girano intorno al valore di 460nm, comunica con il nucleo soprachiasmatico e quindi con la ghiandola pineale della zona sopra citata, per interrompere il rilascio della melatonina, svegliarci, e sincronizzare quotidianamente il ciclo veglia-sonno.

Che la luce avesse un effetto diretto sul nostro ritmo circadiano che andasse oltre la visione era stato già intuito nel secolo scorso, quando era stata individuata una reazione alla luce in alcuni topi resi ciechi. Si sa che gli esseri umani e i roditori hanno strutture cerebrali simili, e quindi era solo una questione di tempo poter individuare il nuovo neurotrasmettitore e comprenderne il ruolo.  

Fig.B Immagine tratta dal web

E’ stata questa una scoperta che ha sconvolto il mondo dell'illuminazione tutto, in particolare il suo mercato, perché si è capito che le caratteristiche luminose necessarie alla nostra buona salute ed al nostro buon metabolismo possono non coincidere con i parametri richiesti dalle esigenze di buona visione. Ed ora, proprio mentre si stanno per definire nuovi riferimenti scientifici, nuove soluzioni architettoniche umano-centriche e nuove norme progettuali, si annuncia una ulteriore nuova scoperta, anche questa non completamente inaspettata, che individua un terzo percorso della luce, una sorta di bretella o scorciatoia che mette in comunicazione la parte visiva e l’area cerebrale centrale non visiva, fino ad ora considerate separate, almeno per quanto riguarda gli stimoli legati alle onde luminose. (vedi fig.B)

I protagonisti di questo terzo percorso sono altri fotorecettori, non quelli che intercettano la luce blu, ma quelli coinvolti anche nella visione e sensibili alla luce rossa,(Red Cones). Si tratta dei coni sensibili a valori di lunghezza d’onda che girano intorno ai 650nm, e che in questo loro specifico compito fanno qualcos’altro che renderci consapevoli del colore. Per capire nel dettaglio questa ulteriore funzione non visiva sono però necessarie ulteriori approfondimenti scientifici.

Sta di fatto, comunque, che questa scoperta ci fa capire quanto la sensibilità al colore non determina solo consapevolezza dello stesso (vista), ma innesca meccaniscmi biologici che inevitabilmente si manifestano con reazioni psicologiche. Più che percezione è quindi corretto parlare di intercettazione, come già si è detto a riguardo della luce blu che, una volta rilevata nei modi e nei tempi giusti, indirettamente stabilisce anche la produzione di cortisolo, serotonina, testosterone, ecc., regolando diverse attività cognitive ed emotive. 

Possiamo anche non comprendere nel dettaglio quello che effettivamente succede, ma questa scoperta conferma ulteriormente che l’esperienza dell’ambiente che ci circonda è un fenomeno complesso, che lo spazio dialoga con il nostro corpo ma anche con il nostro stato d’animo.

Siamo soliti associare il rosso alla rabbia e agli stati di eccitamento, mentre  il blu viene considerato adatto a creare atmosfere rilassanti, ma questa semplificazione risulta riduttiva e a tratti poco convincente. Uno studio di Mariana Figueiro, ex Direttrice del centro LRC (Lighting Research Center) ed ora ricercatrice a Mount Sinai NY, dimostra che l'esposizione alla luce rossa di sera può promuovere la vigilanza e migliorare le prestazioni senza influire negativamente sulla secrezione di melatonina. Inoltre la luce rossa può essere utilizzata per aumentare la vigilanza nel pomeriggio, vicino alle ore di sonnolenza dopo pranzo, dal momento che sembra essere uno stimolo di allerta più forte nel pomeriggio rispetto alla luce blu. In questo caso sono i coni a lunga lunghezza d'onda a mediare gli effetti di allerta della luce rossa durante il giorno. Ma sappiamo bene che esistono anche gli effetti di allerta della luce cosiddetta blu, cioè con predominanza delle onde corte, che, grazie alla sensibilità del terzo recettore, sopprimono la melatonina in vari momenti della giornata e ci rendono più reattivi mentalmente soprattutto al mattino.

Chissà che la meraviglia, la forte carica emozionale che ci investe quando siamo di fronte alla luce del tramonto o quella del fuoco, dipenda proprio dal contrasto tra la predisposizione al sonno di una luce di basso stimolazione circadiana e l’effetto stimolante dei predominanti onde lunghe in quella fase del giorno.

foto di G. Ascione

Con queste continue nuove scoperte e smentite si ha la conferma che è riduttivo parlare dell'influenza psicologica dei colori, ma che è piuttosto la luce, alla base della percezione degli stessi, a influenzare le nostre esperienze.  Inoltre è difficile incasellare la realtà in compartimenti divisi e definiti, in situazioni che esigono una risposta progettuale preconfezionata e univoca. L’interazione del nostro corpo con l’ambiente circostante è un rapporto di scambio continuo e complesso che abbiamo il dovere di analizzare di volta in volta, senza avere la pretesa di utilizzare soluzione pre-confezionate.

Non dobbiamo temere di esplorare nuovi ambiti e testare quello che a volte già proviamo a livello viscerale, perché presto la scienza fornirà la spiegazione. E allora ben vengano riflessioni e sperimentazioni su alcune supposizioni, tra le quali quella che la luce possa stimolare la relazione sociale, oppure può influire sulla percezione della temperatura  o perfino della velocità del tempo.

Tutto ciò che al momento si spiega con dinamiche di semplici suggestioni  potrebbe trovare presto il supporto di una più concreta spiegazione a livello neurologico e fisiologico, la quale, fornendo  valori quantitativi (dati numerici) , riuscirà a convincere tutti in modo  indistinto.  

Fonte https://youtu.be/7hNxzjygHro

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)