La percezione del valore di uno spazio architettonico

L'epoca che stiamo vivendo presenta molti paradossi spesso espressione di una distanza che costantemente si stabilisce tra il potere di giudizio e la consapevolezza della effettiva situazione da giudicare. Questo è il caso anche per l’ architettura.

La punta dell’iceberg. Spesso l’evidenza inganna.

La punta dell’iceberg. Spesso l’evidenza inganna.

Come si può giudicare la qualità di un ambiente se la percezione del suo valore è aberrata? Lo spazio architettonico suggerisce sempre pensieri e azioni e lo fa trovando spesso utenti fortemente inconsapevoli di questa influenza. Per esempio, quando ci si trova in ambienti di lavoro, siamo rapiti dalle scadenze delle nostre agende e si cercano negli spazi conferme rassicuranti e convincenti rispetto alle azioni che dobbiamo compiere. Ci serve una sala con tavolo e sedie per partecipare a un meeting con più persone, oppure ci basta isolarci da altre persone per portare a termine un compito che richiede attenzione e cura del dettaglio. Eppure di fronte a queste due diverse opportunità ci sono una miriade di soluzioni architettoniche che possono offrire diverse risposte, e magari variare il peso del compito da affrontare, ridurre lo stress, o addirittura migliorare la performance. Che si tratti di conferme ad aspettative, oppure di persuasioni a scelte diverse, lo spazio ci condiziona, ma noi raramente ce ne accorgiamo, perché siamo educati a giudicare l’architettura di interni da un punto di vista stilistico/estetico e attribuirle un valore associato più ad un brand o a una firma che alla sua reale e completa efficienza ed efficacia.

I punti di vista da cui si parte per una valutazione di un ambiente possono essere molteplici, ogni competenza può valutare bene un singolo aspetto, ma a livello cognitivo sono sempre e solo due i passaggi mentali che avvengono di fronte ad una esperienza di giudizio. Daniel Kahnemann ha portato avanti per decenni una importante ricerca psicologica proprio in questo ambito, e ha spiegato con il suo libro pubblicato nel 2011 “Thinking fast & slow” come la dicotomia di due modi opposti di pensare, denominato sistema 1 e il sistema 2 , siano alla base del processo decisionale. Il sistema 1 rappresenta la reazione inconscia, istintiva , emozionale e quindi più veloce e automatica. Il sistema 2 è invece il pensiero più lento, in quanto più consapevole, oculato, analitico e più deliberativo. Ma qual è il sistema che conduce alle scelte migliori? I due sistemi sarebbero l’uno complementare dell’altro. Quando è in gioco il nostro benessere non è sempre la razionalità la migliore consigliera , quanto piuttosto la cosiddetta scelta di pancia. Molte volte scartata al confronto con un giudizio più oculato, dominata da una cultura diffusa e molto radicata, la scelta istintiva cede il posto alle regole condivise, all’abitudine e al condizionamento. In aggiunta succede poi che le voci di dentro non vengono sentite perché usano un linguaggio non facilmente decodificabile, oppure perché i segnali che riceviamo dall’ambiente, e che dovrebbero stimolare l’istinto, sono deboli e poco chiari.

Edward Hopper. Morning Sun

Edward Hopper. Morning Sun

In questo caso l’utente è risucchiato da un condizionamento culturale che fa passare per bello, buono e giusto ciò che non è.

Il compito della neuroarchitettura, che si basa su principi scientifici relativi al funzionamento del nostro sistema corpo-mente, è proprio quello di restituire una nuova sensibilità al linguaggio progettuale e creare una nuova cultura cosciente della complessa interazione dell’uomo-utente con l’ambiente costruito. Gli oggetti inanimati e le loro composizioni trasmettono messaggi che dobbiamo sia imparare a comprendere come progettisti sia imparare ad apprezzare come consumatori finali. La qualità di uno spazio non è lusso, ma è equilibrio e armonia degli stimoli multisensoriali che vanno oltre la vista e l’udito, e per i quali il lusso può essere spesso un elemento disturbatore. Se fino a poco tempo fa il concetto di multisensorialità rivoluzionava l’approccio progettuale, ora esso si rinnova ulteriormente nella considerazione della percezione corporea, definita con il termine inglese “embodied cognition” (Cognizione Incorporata), per la quale la mente non è totalmente disincarnata dal suo supporto fisico. Ogni postura e sguardo che un interno induce imprime nella nostra mente delle sensazioni precise. Queste sensazioni sono più forti quanto più abbiamo a che fare con lo spazio peri-personale, quello che il nostro corpo raggiunge o può raggiungere nel brevissimo tempo, e si dileguano, senza però scomparire del tutto, quando consideriamo l’immersione in un territorio più vasto . Si tratta di considerare come il mondo fisico possa toccare la sfera delle emozioni, il nostro umore, e possa diventare un importante strumento di cura.

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L’obiettivo è la legittimazione di questi nuovi parametri di indagine e di progettazione attraverso sperimentazione scientifica, e si possa conferire non solo autorità a una disciplina non ancora ufficialmente riconosciuta, ma soprattutto una più diffusa consapevolezza di ciò che rende effettivamente lo spazio costruito uno spazio di valore.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)