Quale futuro per l'illuminazione ?

A volte capita di voler giocare con la luce del sole per creare effetti speciali, come appunto nella SPA riportata nell'immagine sotto,   ma questo è un lusso che solo luoghi particolari possono permettersi. La sfida continua del mercato della illuminazione è, invece, di  creare sistemi di luce artificiale che siano quanto più piacevoli, rigeneranti, stimolanti o rasserenanti,  come solo la luce naturale riesce fare.   E' una esigenza sempre più  forte che arriva dai luoghi dove siamo costretti a spendere gran parte del nostro tempo quotidiano:  gli uffici , le scuole,  gli ospedali.

SPA in Majorca.  Crediti: http://a2arquitectos.com/

SPA in Majorca.  Crediti: http://a2arquitectos.com/

Light + Building 2018, la fiera  appena conclusosi a Francoforte,  si fa portavoce dei principali segnali di cambiamento nel mondo dell'illuminazione, e di seguito ne riportiamo quelli che maggiormente interessano le tematiche del nostro journal.  La nuova tendenza non sembra più puntare esclusivamente all'estetica e all'efficienza dei punti luce, ma vanta nuove funzionalità integrate, come l'intelligenza, la sensoristica, la connettività wireless integrata, la regolazione del colore. Termini quali lo "IoT ready" e il "digital light" sono ormai un riferimento del mercato, poiché rappresentano gli strumenti che rendono possibile il controllo sulle caratteristiche prima citate.

Tra gli scenari più ambiti e pronti a diventare realtà ci sono gli  "uffici connessi", per i quali l'illuminazione non è più una soluzione subordinata alla progettazione dello spazio, relegata a fornitori esterni, ma diventa una soluzione integrata nella progettazione, per un controllo e coordinazione con  tutti gli altri elementi spaziali (finestre, scuranti, giochi di riflessi) e con i dati fisici dell'occupante stesso, affinché si possa promuovere il  benessere e la produttività.

Immagine by Neocogita.com

Immagine by Neocogita.com

I quadri di controllo lasceranno l'ingombrante armadietto, incubo degli interior designer, per lasciare che l'intelligenza entri autonomamente  nell'apparecchio. Il Bluetooth sarà l'interfaccia più usata grazie anche ad una fattibilità più immediata e ad una migliorata compatibilità degli standard. Il wireless sicuramente consente  connessioni ai dati più sofisticati dei sistemi cloud, e quindi una personalizzazione maggiore, ma risulta praticamente un lusso da concedere agli ambienti più intimi e privati rispetto agli uffici. A tal riguardo possiamo fare riferimento all'ecosistema "connected home"  per la quale la "Philips Hue" lavora con  brands come Amazon, Apple e Google per creare case sempre più smart e personalizzate. Ma l'obiettivo  di rendere gli ambienti smart, che siano residenze,  edifici o quartieri, non presenta quella urgenza che invece viene avvertita per il miglioramento dello stato di salute dei cittadini, quando questa risulta strettamente legata alla produttività e alla cura degli anziani. L'illuminazione umano-centrica diventerà una cosa seria, anche perchè i grossi finanziamenti sono sempre più diretti alla ricerca neuroscientifica legata a malattie come l'Alzheimer e la demenza senile.

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Promotori di questa rivoluzione saranno i grandi contractors, gli investitori, e solo in misura inferiore le istituzioni governative e amministrative, nonostante  queste ultime  sembrano recepire la sfida del cambiamento  legato alla crisi del sistema di welfare (di cui sono il soggetto erogatore).

Questa tendenza lascerà che siano le organizzazioni indipendenti,  quali il WELL standard,   a diventare riferimento normativo e garanzia di qualità per lo sviluppo edilizio. 

 

La  progettazione integrata e la ricerca di soluzioni a problemi complessi rappresenta una sfida molto difficile da affrontare per le piccole e settoriali  realtà produttive : per sfuggire al rischio di isolamento i produttori autonimi di illuminazione tenderanno a consolidarsi attraverso  acquisizioni, fusioni  e partnership, e si vedranno i produttori di illuminazione unirsi agli specialisti della tecnologia, proprio come sta succedendo tra Philips e Cisco, tanto per nominare le grandi realtà coinvolte.

Avrete notato l'impostazione dell'articolo con toni un po' sibillini. L'anticipazione del futuro, si sa, non è una scienza esatta, pertanto non rimane altro che darci appuntamento al 2028.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Gli spazi lavorativi sono cambiati ...di nuovo.

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 A partire dalla metà del secolo scorso  i luoghi di lavoro sono cambiati radicalmente, e non  perché sia cambiato il tipo di lavoro, ma perché sono cambiati gli strumenti  e si sta facendo luce sugli effetti  dell'ambiente costruito sul benessere e sulla produttività.

Una volta esistevano uffici suddivisi in più stanze fisicamente separate tra di loro, ciascuna ospitante un numero esiguo di impiegati. Poi  l'avvento di grandi corporazioni ha generato delle realtà lavorative di enorme scala e  ha sviluppato il concept di spazi aperti organizzati con cubicoli distribuiti secondo geometrie più o meno rigide .

Questa configurazione riusciva ad assicurare un discreto livello di riservatezza, ma, con l'avvento dei grandi spazi privi di ogni separazione, quest'ultima è completamente scomparsa. Stiamo parlando di circa venti anni fa, quando alcuni studi di ricerca avevano dimostrato l'importanza di essere connessi l'uno con l'altro, per creare un modello interno dell'esperienza collettiva. L'isolamento non aiutava le persone a realizzare ciò che gruppi di persone di talento riuscivano a fare quando mettevano in comune le conoscenze, i talenti, le intuizioni di tutti. Ma esagerare in questa direzione  è risultato deleterio.

Nonostante il cervello sia un organo sociale ci sono volte in cui la collaborazione  chiaramente si oppone al buon funzionalmento del cervello. Le ragioni sono diverse. Pensiamo alle emozioni negative del singolo e alla facilità con cui possono diffondersi. Consideriamo quanto le personalità più deboli possano sentirsi sopraffatte da quelle dominanti. E cosa dire poi del problema sulla privacy, già evidente nelle soluzioni degli anni addietro?

scena tratta dal film "Tutti gli uomini del presidente" del 1976.

scena tratta dal film "Tutti gli uomini del presidente" del 1976.

Alla luce di queste analisi  si spiega come mai gli uffici stiano cambiando di nuovo, e non solo per risolvere il problema di uno schema planimetrico indifferenziato, ma per essere allineati con i recenti risultati della psicologia comportamentale, sociale e della scienze cognitive.

La creatività è un  requisito che aiuta a trovare soluzioni fuori dal coro e se si vuole garantire alle persone creative - e spesso introverse - di essere libere da interruzioni o dissipazioni di energia su questioni poco interessanti e per niente correlate al lavoro, sarebbe consigliabile attrezzare lo spazio con un adeguato numero  postazioni individuali e isolate. 

Succede quindi che, mentre Il precedente concept di ufficio si basava su una tecnologia all'avanguardia che tendeva a legare tutto insieme, ora le tecnologie lavorano in direzione opposta. Nuove soluzioni consentono un controllo preciso della propagazione del suono e della luce creando  delimitazioni spaziali laddove non esistono separazioni fisiche. Inoltre la comunicazione wireless  è molto migliorata, e non solo rende possibile sistemi sinergici attraverso la connettività IoT , ma rende possibile  il lavoro a distanza e permette agli impiegati  di partecipare alle riunioni mentre sono a casa o su un treno. Questa apertura alla mobilità  mette in discussione anche il dimensionamento di un ufficio e rende concepibile una superficie di occupazione inferiore ai valori standard di riferimento. 

Ci sono aziende che stanno riducendo gli spazi  in considerazione di una superficie pro-capite e  di un numero di postazioni  inferiori agli standard dettati dal numero di dipendenti. Questo riduce gli  sprechi dei costi per l'affitto dovuto al sottoutilizzo dei posti disponibili. La questione economica legata al mercato immobiliare  è molto sentita specialmente nelle grandi metropoli come New York. Qui gli affitti raggiungono cifre da capogiro e costringono molti ad adottare soluzioni creative, come la collaborazione trasversale tra competenze,  e addirittura il baratto dei servizi offerti. Si tratta  di strategie per aiutare sia le piccole che le grandi imprese a gestire situazioni economiche instabili, quali quelle legate all'avvio di una nuova attività (per la prima) o quelle che vedono affrontare periodi di crisi economica (per la seconda).

TOMOKO, FROM:  HTTP://WWW.MOTTOWASABI.COM/

Da considerare inoltre le soluzioni "open"  del design d'arredo e dell'accessoristica, le quali richiedono  una partecipazione e interazione con l'utente finale. Questi è tirato in ballo nella caratterizzazione del prodotto attraverso la scelta del colore, dell'assemblaggio  e addirittura del tipo di  utilizzo. SI tratta di una  modalità progettuale flessibile che permette a tutti di partecipare attivamente alla definizione dell'identità  dello spazio e del marchio per cui si lavora. La flessibilità diventa  un tema  importante  non solo per sposare il concetto di spazio fluente, dinamico e partecipativo, ma anche per favorire una organizzazione più democratica e meno discriminatoria tra le diverse fasce impiegatizie. Laddove le postazioni non sono più fisse, ma interscambiabili, può accadere che la propria scrivania diventi  la scrivania di qualcun altro, e viceversa. I dipendenti coinvolti nella creazione del proprio ambiente di lavoro e nella sua gestione meno gerarchica hanno maggiori probabilità di essere felici, in quanto  vivono il loro ufficio come un ambiente domestico che li aiuta a identificarsi con la cultura dell'organizzazione e sentirsi liberi dagli assoggettamenti a regole poco esplicite e quindi frustranti.

Immagine da linkedin

Immagine da linkedin

Il buonumore è un requisito per essere più produttivi e, sebbene questa sia una qualità molto difficile da misurare, essa influenza l'efficienza e l'efficacia di una squadra di lavoro (intellettuale e non). L'architettura  contribuisce non poco all'ottenimento di questi obiettivi, ma deve assolvere ad un compito delicato di mediazione con la reale  politica aziendale. Nessun concetto spaziale può ottenere risultati positivi in termini di benessere e produttività se non dimostra coerenza e allineamento con le direttive dall'alto. 

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Kunsthofpassage : neuro-urbanistica inconsapevole

Quando sono state create queste singolari facciate, all'interno del quartiere un po’ nascosto di Kunsthofpassage, a Dresda, c'era la volontà da parte dei cittadini di restituire alla città le caratteristiche del gusto tipico del tempo e del luogo andate perdute dopo i bombardamenti del secondo conflitto mondiale.

All'epoca della loro costruzione il termine neuroarchitettura non era ancora stato coniato (e forse non lo è ancora ufficialmente) ma il risultato voluto dal  progetto tedesco “Courtyard of Elements”, che installa opere d’arte negli edifici, è anche quello di creare un'ambientazione che gioca con i nostri sensi e con le nostre emozioni, per generare un diffuso senso di benessere in quei punti della città che peccano per mancanza di luminosità e scorci panoramici, oltre che  essere dei "cul-de-sac"  nascosti e sottratti alla vita economica e sociale della città.

Funnel Wall.     Foto di Luigi Ascione

Funnel Wall.     Foto di Luigi Ascione

E' così che fioriscono in questo quartiere le diverse facciate colorate, che oltre a ricreare una specie di arcobaleno steineriano, interagiscono con i fenomeni atmosferici per riprodurre piacevoli effetti sonori e luminosi.

In particolare, nel Cortile degli Elementi (Hof der Elemente), creazione di tre geniali artisti (Christoph Rossner, Annette Paul e Andre Tempel), c'è il Funnel Wall, una facciata con un sistema di smaltimento dell'acqua che, alla maniera della macchina di Rube Goldberg, (tipico macchinario inutilemente complesso  e ridontante  che esegue operazioni piuttosto semplici), produce suoni musicali quando piove.

 

Non è da meno il Cortile delle Luci  (Hof des Lichts) dove gli autori-artisti, scelti tramite un concorso, hanno risolto il problema di scarsa illuminazione naturale di un cortile (vedi foto in basso) con una composizione di specchi che riflettono i raggi del sole e producono diverse sfumature colorate.

 

Cortile delle Luci .       Foto di Luigi Ascione

Cortile delle Luci .       Foto di Luigi Ascione

Molto rilassante e "organico" è infine il Cortile degli Animali (Hof der Tiere ) con una facciata di un palazzo interamente colorata di verde e decorata in rilievo con giraffe, scimmie e gru e con balaustre realizzate in vimini. 

scorcio del Cortile degli animali .                                              foto di Luigi Ascione

scorcio del Cortile degli animali .                                              foto di Luigi Ascione

Dresda è un bellissimo esempio di buona politica urbana oltre ad essere una città d'arte. Kunsthofpassage non solo ha creato una opportunità in più per il turismo ed il commercio, ma ha sottratto l'intera zona al triste destino di degrado sociale che inevitabilmente tocca alle aree urbane con limitata accessibilità e visibilità.

Capire le dinamiche psicosociali significa disporre di un strumento efficace per la pianificazione  territoriale, per la visualizzazione di possibili problematiche e la ricerca delle strategie risolutive.  La neuroarchitettura (o  neuro-urbanistica) riguarda anche questo. 

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Le camminate percettive come strumento di pianificazione

Locandina dell' itinerario in bici a Trento  (immagine di giusi Ascione) 

Locandina dell' itinerario in bici a Trento  (immagine di giusi Ascione) 

La camminata urbana, o di quartiere, è una pratica che si sta diffondendo negli ultimi anni in diversi centri d’Italia, ma le finalità e le aspettative sono diverse a seconda dell'ente o persona che ne è promotore. Certamente alla base vi è l'esigenza dei residenti di una più approfondita conoscenza del territorio, sia perché ci si vuole  ri-appropriare dello stesso, in cerca di una perduta identità sociale e culturale, sia perché si è in cerca di una chiave di lettura che aiuti nelle strategie d’intervento.  E' un dato di fatto  che gli spazi urbani non sono vissuti adeguatamente: la sosta in piazza fine a se stessa è un evento raro e  per pochi, e perfino gli adolescenti non rispondono più al richiamo del  rituale "incontro al solito posto".   La città evolve spesso in modo distaccato rispetto alle  esigenze del cittadino, e la serialità degli  eventi è tale  da amplificare inesorabilmente alcuni effetti negativi, quali l'aumento della percezione del rischio, il fallimento delle attività commerciali e la svalutazione degli immobili.

Itinerario di Trento:  asse Albere-trePortoni (img sandro aita)

Itinerario di Trento:  asse Albere-trePortoni (img sandro aita)

Il cittadino sente la necessità di conoscere meglio il proprio territorio e di identificarsi con esso, e questo si esprime con diverse modalità di approccio. Che si tratti di iniziative di percorsi podistici, con finalità più ludico-sportive, o che si tratti di incontri per facilitare il dialogo tra generazioni, classi sociali  e professionali diverse, l'obbiettivo finale  è comunque quello di generare strategie politiche e proposte condivise per la gestione del futuro della città e incrementare il senso di appartenenza dei cittadini. L'esperienza diretta del luogo, attraverso il percorso materiale dello spazio (a piedi o in bici) diventa il miglior strumento di analisi e di progettazione, poiché facilita il reset  dei preconcetti  di ordine politico, sociale e antropologico, e veicola proposte di intervento più creative ed originali.

Il cittadino medio ha ormai sviluppato una forte capacità critica sugli aspetti legati alla vita urbana: una più democratica informatizzazione ma soprattutto l'esperienza diretta e continuata delle “cose urbane”, ha conferito allo stesso nuove competenze al punto da renderlo  una risorsa e uno strumento indispensabile nella pianificazione territoriale.

Quella che ormai comunemente viene definita "progettazione partecipata" però non riesce da sola a risolvere la complessità delle problematiche da affrontare. C'è dell'altro. Esistono dei fattori che interferiscono nell'evoluzione e nella caratterizzazione di un luogo che sono evanescenti, inafferrabili, difficilmente individuabili: , perché troppo “sottili” per essere percepiti con strumenti ordinari della “tecnica” urbanistica e architettonica:  alcune zone di città, apparentemente funzionali, sono spesso percepite come meno belle, meno sicure e meno sane, e non si riesce a capirne il motivo. Si parla di segni deboli , che non sono facilente rilevabili e riconoscibili se non da occhi esperti. Essi condizionano profondamente il nostro comportamento, modificano la nostra percezione della realtà concreta (oggettiva) e della realtà mentale (soggettiva).   

 Neuroarchitectura, in collaborazione con l'Ordine degli Architetti di Trento, ha organizzato lo scorso 17 ottobre  un tour in bicicletta dal titolo "Alla ricerca dei segni deboli della città",  per  uno sguardo attento  che aiutasse a cogliere questi segnali nascosti ed effimeri.

Itinerario di Trento:  i partecipanti con lo  sponsor "Prestabici" al punto di partenza.

Itinerario di Trento:  i partecipanti con lo  sponsor "Prestabici" al punto di partenza.

Questa chiave di lettura alternativa  non è  nuova: già nel 1964 Kevin Lynch scrive "L'immagine della città", e  parla di una nostra percezione dello spazio urbano non  distinta, ma parziale, frammentaria e mista ad altre sensazioni. La sua leggibilità tiene conto delle sensazioni "di colore, di forma, di movimento, di luce, dell'udito, del tatto, della cinestesia, della percezione di gravità, perfino di forze di campi elettrici e magnetici...".  Le linee guida  del teorico  americano sono state affiancate dalle più recenti conoscenze acquisite in campo neuroscientifico: le scienze cognitive, la neurospicologia e la neurofisiologia, assieme alla psicologia ambientale,  analizzano nel dettaglio gli aspetti percettivi, cognitivi ed emozionali, e caricano di significato fattori ambientali che sono stati fino ad ora ignorati, o considerati privi di efficacia concreta. Questi stimoli multisensoriali, che si traducono in modifiche comportamentali sia a livello sociale che individuale, trasformano la nostra esperienza del luogo e possono essere all'origine dei successi e/o degli insuccessi di alcune strategie urbane ed architettoniche, per quanto riguarda sia la qualità della vita dei residenti, sia le dinamiche commerciali e turistico-sociali in senso lato.

Questo primissimo tentativo locale di lettura "psicologica" del tessuto urbano ha riscontrato una risposta forte dei partecipanti. L'omogeneità del gruppo (si è trattato di una passeggiata in bici tra soli architetti) ha consentito un linguaggio unico, utile in questa prima esperienza esplorativa, ma che ha limitato, anche per il tempo ridotto, una lettura più libera e più diversificata, lasciando ai partecipanti il desiderio di replicare l'esperienza e consentire  un confronto più approfondito su un tema così innovativo e complesso che coinvolge anche le neuroscienze.

Diverse la reazioni registrate in un'altra passeggiata, che si è svolta in Villa Lagarina a inizio novembre, in occasione della presentazione del volume n° 18 dei “Quaderni del Borgantico” (**), curato dall’omonima associazione culturale. Questa volta il contesto ambientale era completamente diverso ed i  partecipanti,  eterogenei per diversa provenienza geografica e professionale, sono stati guidati, assieme all’architetto Sandro Aita (organizzatore del tour nell’antico borgo lagarino), lungo un percorso che ricalcava il tracciato storico ben conservato, dove l'architettura, assolutamente organica ed espressiva del luogo, ha espresso evidenti e chiari richiami ad una vita sociale ormai scomparsa ma ricca di suggestioni e stimoli percettivi. E' stata una bella occasione rilassata per "ascoltare" e toccare con mano quello che le città moderne spesso non riescono ad offrire, ma anche avere piena consapevolezza sensoriale di fenomeni che comunque agiscono a livello corporeo.

Certamente è più facile creare un ambiente coerente, equilibrato quando ci si muove in un mondo semplice da gestire, se non altro per le ridotte dimensioni demografiche. In questo caso  il “genius loci”, (quello che  C. Norbert  Schulz individua, nel suo saggio fondamentale, come caratteristica specifica e originale degli ambienti di vita urbana), viene più facilmente e meglio espresso.

Itinerario di Villa Lagarina , il Borgo Antico  (immagine di sandro aita)

Itinerario di Villa Lagarina , il Borgo Antico  (immagine di sandro aita)

 E' anche strano però che la pianificazione contemporanea (e la progettazione in genere) non sfrutti al massimo le sue reali potenzialità, e trascuri strumenti di indagine che potrebbero aiutare a capire meglio e prevedere le nostre reazioni comportamentali, e avere un potere anticipatore sugli scenari futuri, per definire un più corretto percorso di sviluppo della città. 

Le due esperienze sopra citate di “camminata percettiva” offrono un primo modello di esplorazione, certo inusuale, che alimenta una “democrazia partecipativa” dal basso, e che raccoglie stimoli e conoscenze utili per la crescita e la consapevolezza del senso di appartenenza ad un luogo.

Per concludere si riportano di seguito le parole che lo stesso Norbert Schulz, citando il suo predecessore Lynch, adopera nel suo saggio fondamentale “Genius Loci, paesaggio, ambiente, architettura”, del 1979:

una buona immagine ambientale dà al suo possessore un senso di profonda sicurezza emotiva”.
  • Si ringrazia l'architetto Sandro Aita per il suo prezioso contributo (contenuti e immagini).

Nota (**) L'articolo "L’antico Borgo di Villa. Silenzi, sussurri e grida di un cammino urbano che resiste e risuona nel tempo" è a pag 71.

 

 

 

“Dalla parte dei bimbi“ di studioELT

Il secondo appuntamento di questa rubrica lo dedichiamo al lavoro dello  studio di progettazione ELT di Napoli, e  in particolare analizziamo un loro intervento di retrofit in una scuola per bimbi di età compresa fra i 2 ed i 10 anni. “Dalla parte dei bimbi “ è il nome dell’istituto che sorge nel quartiere Vomero della città partenopea.

Uno sguardo verso l'alto : la Cupola trasparente termina il vano scala. (Crediti studioelt)

Uno sguardo verso l'alto : la Cupola trasparente termina il vano scala. (Crediti studioelt)

Nel nome c’è già, riassunta, la visione della committenza, e quindi anche l’ obbiettivo principale del progetto di creare, per i giovani occupanti, un ambiente stimolante e formativo capace di favorire e  supportare le diverse potenzialità  espressive e di apprendimento. La sfida è quella di creare un ambiente flessibile e dinamico all'interno di un involucro ottocentesco, e quindi di realizzare forme libere e fluide in opposizione ai superati schemi rigidi di una maglia e struttura inevitabilmente vincolante.

DETTAGLIO RAMPA centrale. (CREDITI STUDIOELT)

DETTAGLIO RAMPA centrale. (CREDITI STUDIOELT)

L’elemento più interessante ed emblematico è il vano scala, un tripudio di stimoli multisensoriali situato quasi al centro del corridoio principale . Qui non solo si sfrutta al massimo la luce del sole, ma si interviene manipolando i raggi diretti per creare giochi di riflessi, ombre e proiezioni, i cui effetti positivi sono percepiti a più livelli.  Giochi di linee e geometrie, ma anche di trasparenze, sono sollecitazioni tutte che catturano l’attenzione del bambino in un momento che richiede anche un forte controllo cinestetico, per il movimento di salita o discesa dei gradini. Indugiare e avanzare con prudenza diventa una esigenza del ragazzo e non un’imposizione.  

La cupola in vetro, che infine termina e ricopre l’intero vano, consente una pioggia di luce dall’alto che ha effetti molteplici: aiuta il reset necessario dopo lo sforzo intellettivo delle lezioni frontali (più rare ma sempre necessarie), diventa un’ occasione per volgere lo sguardo in alto e guardare il cielo per innescare indugio, indurre al rallentamento e alla pausa riflessiva.

Inoltre si esalta l’aspetto dinamico della luce naturale, componente fondamentale per il nostro benessere alla stessa stregua della qualità e la quantità  dei parametri luminosi, poiché, oltre che facilitare i processi neurofisiologici nella regolazione del nostro orologio biologico, scandisce il passare del tempo e offre un indizio ulteriore nella navigazione dell'edificio.

Non manca l'uso di colori vivaci che stimolano il corretto sviluppo della percezione degli stessi, in un percorso di apprendimento che raggiunge il suo culmine proprio verso gli 8 anni. I colori differenziati aiutano anche a caratterizzare i diversi sotto-ambienti in cui gli spazi fluidi delle aule e dei corridoi sono suddivisi. La pianta (nellaimmagine sotto)  mostra la fluidità dell’impianto planimetrico: il corridoio non è più una percorso concepito come collegamento asettico tra i vari spazi, per una percorrenza veloce e distaccata, ma diventa esso stesso occasione di sosta, di pausa riflessiva e di libera interazione sociale. Le simmetrie e le uguaglianze diminuiscono: i perimetri delle aule presentano a volte cinque lati, piuttosto che svilupparsi sui tradizionali quadrati o rettangoli regolari. Questa rottura degli schemi planimetrici e volumetrici ha effetti che non riguardano solo uno space planning più flessibile e originale, ma determina una dilatazione spazio-temporale per chi ci vive. I tempi per l’ambientazione  (intesa come presa di coscienza) in una stanza con cinque pareti sono più lunghi rispetto a quelli impiegati per l’interiorizzazione di uno spazio quadrilatero più o meno regolare.

il corridoio è uno spazio dinamico . PIanta piano terra . (crediti studioelt)

il corridoio è uno spazio dinamico . PIanta piano terra . (crediti studioelt)

Questa forma di comunicazione che lo spazio stesso esprime risulta giocosa e rende l'ambiente particolarmente vivace e piacevole. Sicuramente un eccessivo eccitamento richiede di essere bilanciato da un’educazione all’autocontrollo e all’autoconsapevolezza. Protocolli sempre più collaudati stanno rilevando la grande efficacia e utilità delle pratiche meditative per i ragazzi tutti, e non solo quelli con problemi legati all’iperattività.

Risulta quindi evidente che il design dello spazio sia lo strumento principale dell’attività di programmazione didattica contemporanea (e dell’immediato passato). Un ambiente adeguato è uno strumento di conoscenza principale perché offre esperienze multisensoriali: non solo attraverso le stimolazioni visive, uditive e tattili, ma anche con la gestione degli schemi comportamentali, siano essi di gestione del movimento corporeo oppure di controllo delle relazioni sociali, per lo sviluppo dei competenze relazionali e introspettive.

PARTICOLARI AULE (CREDITI STUDIOELT)

PARTICOLARI AULE (CREDITI STUDIOELT)

Questa impostazione didattica non fa riferimento solo al metodo montessoriano oppure steineriano, ma è il risultato delle teorie sulle intelligenze multiple, come quella di Howard Gardner, secondo cui non esiste solo l’intelligenza linguistica o logico-matematica, ma anche quella visivo/spaziale, naturalistica, musicale e cinestetica. Per dirla in modo semplice, gli studenti posseggono diversi tipi di mente e quindi imparano, ricordano, eseguono e comprendono in modi diversi.

Lo sforzo richiesto per l’adattamento della vecchia struttura scolastica alle nuove esigenze distributive e strutturali dell’edificio in questione si può considerare una metafora dello sforzo intellettuale che i tempi che stiamo vivendo richiedono. Una trasformazione di visioni, obbiettivi e convinzioni sta coinvolgendo tutti i campi, da quello sociale a quello formativo e produttivo.

La scuola “Dalla parte dei bimbi” non è di recente realizzazione, ma più di dieci anni sono passati da quando Fabiana, Stefano e Rossella hanno partorito il concept e hanno aperto il cantiere. Complimenti a loro per essere riusciti, già allora, a mettere in pratica quelli che ancora oggi rimangono i propositi per una profonda trasformazione dell’edilizia scolastica.

 

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

1000 WORDS ABOUT ... ... La nuova rubrica

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1000 WORDS ABOUT è il nuovo appuntamento mensile di NeuroarchiteCtura in cui vengono esaminati realizzazioni di edifici, o semplicemente spazi, che meglio  rispondono alle esigenze performative e/o emozionali delle persone che ci vivono.

gli appuntamenti :

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

La Bellezza : un concetto, un valore o solo un'area del cervello che si attiva?

“Beauty is nothing but the beginning of terror” scriveva Rainer Maria Rilke agli albori dello scorso secolo, sovvertendo la cultura della bellezza neoclassica e riportando con vigore la cultura del sublime romantico. Ma la domanda è: la bellezza è un concetto che solo la poesia può tentare di spiegare? Forse il cosa sia bello resterà un mistero, ma cosa accade quando lo vediamo non lo è più.

La neurobiologia non ha alcun interesse a capire quali siano i fattori che determinano e scatenano la sensazione del bello e del piacere nell'uomo, piuttosto essa tende esclusivamente a comprendere cosa succede nel nostro sistema nervoso quando si esperisce il bello. Semir Zeki, ( nella sua intervista per 'Why Are We Here?'),   sostiene questa posizione e prende le distanze da ogni confronto diretto sul tema con il resto del mondo intellettuale, in particolare quello più umanista, il quale, al contrario, teme moltissimo la contraddizione in cui cadrebbe il proprio percorso ideologico di fronte alle inconfutabili prove scientifiche.

Intervista a Semir Zeki (clicca qui per il video)

Intervista a Semir Zeki (clicca qui per il video)

Gli architetti, invece, darebbero chissà cosa per conoscere la magia nascosta che rende alcuni spazi molto più piacevoli di altri: si risolverebbero gran parte dei problemi legati all'arbitrarietà del design , sia esso urbano, architettonico o del prodotto, e finalmente si avrebbe un riferimento teorico immutabile, oggettivo. e stabilizzante.

Costanza del colore: SIriconoscono i colori coerentemente anche quando soggetti a differenti livelli di luce ambientale

Costanza del colore: SIriconoscono i colori coerentemente anche quando soggetti a differenti livelli di luce ambientale

Il nostro cervello è sempre alla ricerca di riferimenti stabilizzanti e tutti i processi sensoriali non sono altro che espressione di questa tendenza: la realtà visiva che percepiamo non è altro che l'interpretazione soggettiva delle onde elettromagnetiche e delle costruzioni prospettiche delle forme, le quali tendono a eliminare le contraddizioni e le incertezze . Per esempio noi percepiamo sempre le foglie come verdi, cioè come esse si presentano in pieno giorno,  nonostante queste abbiano un aspetto diverso in altri momenti della giornata, cioè quando riflettono principalmente il rosso del crepscolo o dell'alba. Il processo percettivo è uno strumento di sopravvivenza e pertanto tende a fornire gli strumenti per riconoscere la realtà nella misura in cui noi ne abbiamo bisogno. Quando la stessa realtà ci restituisce forme, colori, e suoni nella modalità che ritieniamo avere senso, noi proviamo piacere , e tale sensazione è strettamente legata alla credibilità ancor prima che alla semplicità, e produce un senso di soddisfazione nel cervello.    

Zeki ci tiene a precisare che non esistono delimitate aree del cervello deputate alla percezione del bello ma si può asserire con certezza che esista una parte del cervello che si attiva quando proviamo la sensazione del bello. Questa zona è la corteccia orbito frontale media, ed è la stessa che si attiva quando reagiamo positivamente per la consegna di un premio, quando ascoltiamo bella musica, quando siamo coinvolti indirettamente o direttamente in un'azione che consideriamo giusta e/o buona (Bello Morale di kantiana memoria). E' una sensazione che ci pone in relazione con il mondo e può variare in intensità, ma mai al punto di destabilizzarci.

Quando si alza "il volume" del piacere e si arriva ad un punto destabilizzante, la bellezza svanisce per lasciare il posto a qualcosa di diverso, che è il sublime. Il sublime viene definito come la bellezza che si coglie nell'orrore, ciò che di bello è racchiuso nel terrificante. Si tratta della sensazione suscitata dalla natura nelle sue manifestazioni più grandiose e potenti, come la tempesta o anche la vista di una alta cima. E' questo un punto di disequilibrio in cui si spegne il senso del sè in relazione con il mondo e la propria parte autoreferenziale per essere travolti dal senso di infinito e di impotenza., che trascende i sensi. Inaspettatamente, quando si prova il sublime, l'area cerebrale che si attiva - il giro frontale medio inferiore - non è la stessa di quella coinvolta quando esperiamo il bello. Si tratta di una zona implicata in forti esperienze emozionali e si registra come pura costruzione mentale.

Possiamo distinguere in architettura esempi di ricerca del sublime ed esempi di ricerca del bello ? E quali potrebbero essere le caratteristiche ambientali che distinguono una categoria dall'altra?

Stando a quanto detto finora dovremmo asserire che una architettura è bella quando soddisfa il nostro cervello, non stressa ed offre una ergonomia cognitiva oltre che fisica.  La linea di demarcazione che separa il sublime dal bello è molto sottile ed è anche strettamente correlata al tempo e alla evoluzione culturale. Quanto tempo possiamo risiedere nella casa Battlò senza sentirne il peso dei continui e ripetuti stimoli sensoriali ? L'opera di Gaudì è una delle meravigliose mete turistiche in Barcellona, ma sono abbastanza certa che nessuno di noi sarebbe proprio lieto di spendere la propria vita in spazi come questi.

Casa Battlò -interno. Immagine di Nicola De Pisapia

Casa Battlò -interno. Immagine di Nicola De Pisapia

Una "architettura bella" invece sfida i cambiamenti culturali e rimane piacevole da vivere sempre e per le diverse tipologie di utenza. E' quella che ci vuole nei luoghi dove trascorriamo gran parte delle nostre giornate: dove studiamo, dove lavoriamo e dove spendiamo il tempo con la nostra famiglia.  Essa deve essere capace di ricaricarci piuttosto che sovraeccitarci.

Lasciamo, dunque, che siano i musei, le chiese, gli spazi ludici ad offrire effetti speciali ed esperienze positivamente sovra-stimolanti. Lasciamo che siano le opere d’arte a sorprenderci con le loro forme.

Nell’ambito degli spazi quotidiani, invece, ben venga la riabilitazione del maestoso, attraverso l'uso seducente dei linguaggi classici (volte ed arcate), così come anche la provocazione delle sperimentazioni innovative, perché tali linguaggi provocatori facilitano il reset degli stati mentali negativi e predispongono alla creatività, ricordando però che ogni soluzione vada proposta nel luogo e nel momento giusto.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

L'impalpabilità dei fattori che rendono i luoghi magici.

L'atto di fede è un processo cognitivo che può prescindere dalla religiosità dell'individuo e può scatenare non solo una serie di effetti emotivi e psicologici, ma anche fisiologici. E' da oltre un secolo che medici-scienziati cercano di spiegare empiricamente casi etichettati come miracolosi oppure di autosuggestione, ma solamene negli ultimi decenni si stanno ottendendo prove attendibili e più larghi consensi sulla scientificità delle spiegazioni sul potere magico - in quanto persuasivo - di alcuni fattori spaziali. 

Fiaccolata  in  San Romedio - foto di Nicola De Pisapia

Fiaccolata  in  San Romedio - foto di Nicola De Pisapia

Nel libro " Viaggio a Lourdes" l'autore francese Alexis Carrel, premio Nobel per la medicina nel 1912, narra di un caso di guarigione inspiegabile in cui una donna destinata a morte certa guarisce miracolosamente dalla peritonite tubercolare. Carrell, dichiaratosi fino ad allora agnostico, definisce il caso una manifestazione di autoguarigione resa possibile grazie ad un'accelerazione dei processi di riparazione organici, probabile effetto della forza scatenante dell'atto di preghiera e dello stato estatico.  Le sue ipotesi sull'autoguarigione non trovano riscontro e consensi nel mondo della ricerca dell'epoca, ed è solo all'inizio del nuovo millennio, dopo oltre cinquanta anni dalla sua morte, che si intraprendono nuovi progetti di ricerca strutturati sul funzionamento del cervello nei momenti di profonda fede e tranquillità. Si distingue in particolare il gruppo di R. Davidson che riesce a provare l'esistenza degli effetti benefici della meditazione: quella che inizialmente viene definita scienza di frontiera diventa pian piano un filone sempre più importante delle dscipiline neuroscientifiche.

Ma cosa c'entra tutto questo con l'ambiente e quindi con l'architettura?

Se state leggendo questo articolo è molto probabile che vi siate già imbattuti in altre letture di questo blog, le quali spiegano i profondi legami tra lo stress fisico - e quindi mentale - ed alcuni fattori ambientali negativi. Si è già discusso anche di come ambienti possono trasformarsi da stressanti a rigeneranti ed estremante confortevoli grazie ad un uso armonico di colori, luci, tessiture, geometrie e sonorità.

falling garden- 50° biennale di venezia . crediti: Gerda Steiner and Jorg Lenzlinger.

falling garden- 50° biennale di venezia . crediti: Gerda Steiner and Jorg Lenzlinger.

Per creare ambienti vibranti,  estasianti, quasi magici dovremmo cercare di andare oltre il concetto di comfort e funzionalità quando si definiscongli obiettivi di un progetto architettonico. Se l'approccio si basa sull'aggiunta semplicistica e addizionale di elementi destabilizzanti e starordinari c'è il rischio di creare effetti di ridondanza e fastidio. Esitono però esempi ben riusciti sia in architettura che in natura che lasciano una sensazione di meraviglia e positività, che migliorano la nostra spiritualità al punto da predisporci al buon umore e al buon rapporto con il prossimo e con noi stessi. L' esempio è fornito non solo dai luoghi sacri confinati ( templi e chiese), ma anche dai tanti luoghi che non hanno alcuna pretesa celebrativa per l'entità esterna a noi stessi. Se spogliassimo il comune di Lourdes degli attributi e significati aggiunti dopo le apparizioni mariane, e lo considerassimo un semplice borgo medievale, gli riconosceremmo comunque il merito di saper offrire ai suoi ospiti uno spettacolo particolare, specialmente durante la processione che si snoda lungo la sua collina: un senso di estasi e beatitudine è innescato dal luccichio delle fiaccole trasportate dal fiume di pellegrini sullo sfondo di un tarda luce crepuscolare tipica francese. Il forte coinvolgimento e l'intensa partecipazione popolare contribuisce al sentimento corale di meraviglia e di elevazione spirituale, ma è l'armonia dei diversi elementi ambientali dello sfondo che concilia il tutto con un effetto soprannaturale e magico.  Creare un atmosfera magica, per predisporre la propria mente a una certa forma di ingenua credulità è un mezzo per ripulire definitivamentela mente da pensieri negativi.

La chiesa è solo un esempio antico di come uno spazio possa indurre determinati stati mentali ed è indubbio che anche un ateo o agnostico dichiarato non rimanga indifferente alle suggestione che molti edifici del genere infondono. Allora possiamo asserire, senza rischio di blasfemia, che le installazioni artistico/architettoniche, possano suscitare parzialmente sensazioni simili a quelle infuse dai luoghi sacri ? Possiamo attribuire a questi spazi quel potere magico che predispone gli occupanti alla meraviglia ? 

La meraviglia è uno stato mentale assimilabile ad un particolare stato attentivo, in quanto attiva la stessa parte del cervello - quella frontale - che viene coinvolta in un compito di tipo intellettuale. La meraviglia è un sentimento comune a tutte le culture e a tutte le età', ed è più forte e frequente nell'infante, dove si traduce in eccitazione che mette in movimento tutto il corpo e che pone il piccolo essere in uno stato di totale dipendenza. Creare dipendenza negli adulti è un rischio che si corre quando si stimolano determinati stati mentali ma tale errore è facilemente evitabile. Bisogna fare in modo che l'elemento soprannaturale venga accettato nella sua dimensione onirica, dove tutto diventa credibile a prescindere della predisposizione che ognuno ha nei confronti dell'inspiegabile. Credere, andare contro vento e contro gli schemi della razionalità ci inebria e ci aiuta non solo nei processi di recupero fisico durante le malattie, ma ci rende propensi a rompere gli schemi noti e alimentare la nostra creatività. L'illusione che non diventa fanatismo innesca un serie di effetti positvi sulle performance di vario tipo: ci aiuta ad essere più assertivi , responsabili, decisi e organizzati, insomma ci rende delle persone funzionali e pertanto più sane. Attrezzare i luoghi con aree dedicate a questo tipo di esperienza potrebbe diventare un requisito nella pianificazione urbana e territoriale e nella regolamentazione degli spazi pubblici dediti all'educazione. Questo è un auspicio.

Lo "spettro" del LED avanza ... ma non fa paura

LED è un acronimo che deriva dall'inglese Light Emitting Diode (Diodo a emissione di luce) . Grazie alla sua capacità di emettere luce con costi energetici bassissimi  è diventato il simbolo dell'efficienza energetica luminosa nella progettazione degli spazi . All'origine il Led trovava applicazione esclusivamente in elettronica - tutti dovrebbero ricordare le piccole lucine rosse dei circuiti - poi lentamente la gamma dei colori si è arricchita grazie alla disponibilità della luce gialla e poi di quella verde, mentre parallelamente migliorava anche la qualità della luce.

Nabana No Sato - Winter Illumination.  (foto: tulipanorosa.blogspot.it )

Nabana No Sato - Winter Illumination.  (foto: tulipanorosa.blogspot.it )

La grande rivoluzione è avvenuta con l'avvento del LED blu, che ha consentito la produzione di una luce bianca e quindi ha reso questo sistema di illuminazione  finalmente in grado di competere con le altre tipologie di lampadine più comuni (le lampade fluorescenti , che nonostante contenessero mercurio andavano già a sostituire le lampadine a incandescenza).  

In nome di una nobile causa a favore del risparmio energetico e della sostenibiltà si è verificata una corsa alla sostituzione delle vecchie lampadine nei diversi apparecchi luminosi, con effetti però negativi. Ci è voluto poco perché l'utente medio si rendesse conto del calo di qualità dell'illuminazione e percepisse in modo sempre più consapevole quel senso di fastidio causato innanzitutto dalla cattiva resa del tono della luce. E' sembrato a molti di ricadere nel baratro della depressione causata dal vecchio neon  che illuminava gli ambienti di servizio e le cucine negli anni '70. 

Da allora è cominciato un braccio di ferro tra l'avanguardia tecnologica, pronta a  garantire puntualmente prestazioni sempre più migliorate del LED, ed i molti progettisti ancora legati ai prodotti tradizionali in quanto garanti di una qualità luminosa ineguagliabile.

la melatonina regola il ritmo circadiano e si produce in assenza di luce.

la melatonina regola il ritmo circadiano e si produce in assenza di luce.

Se all'origine era solo la resa estetica scadente della luce fredda ( intesa in senso semantico ed espressa in kelvin come temperatura di colore piuttosto alta) a generare una forte ostilità nei confronti del LED,  in seguito si è schierata contro anche la ricerca scientifica, promotrice di un nuovo concept della progettazione luminosa.  L'illuminazione umanocentrica - in inglese humanocentric lighting, HCL- pone il benessere psico-fisico dell'utente/occupante, e non più il risparmio energetico,  come principale obiettivo nella progettazione degli ambienti, e si basa sulla scoperta degli effetti deleteriche una illuminazione qualitativamente inadeguata possa avere sulla nostra salute.

Nel 2001 è stato identificato all'interno dell'occhio umano un terzo tipo di fotorecettore , distinto dai coni  e dai bastoncelli, responsabiliesclusivamente della resa visiva , il quale è particolarmente sensibile alla luce blu (onde corte nello spettro del visibile) ed agisce direttamente sul buon funzionamento del nostro ritmo circadiano, ovvero sulla regolazione del ciclo sonno -veglia e dei vari processi che seguono a catena , responsabili delnostro equilibrio psico-fisico. In poche parole si è scoperto che l'occhio umano è un rilevatore di luce blu, cioè della luce naturale della prima fase della giornata: la completaprivazione di quest'utlima, così come una sua somministrazione nei momenti sbagliati, come la sera,  può distruggere l'equilibrio neurofisiologico anche nei non vedenti. Questa scoperta apre nuove sfide in campo scientifico ma soprattutto genera un forte dilemma a livello di mercato e normativo, perchè le condizioni che stimolano questo nuovi recettori non sono le stesse condizioni che assicurano un'ottima visibilità e tanto meno rispondono ai principi di sostenibilità economica.

Il ruolo del LED in questi ultimi anni , caratterizzati da una grande innovazione tecnico-scientifica,  rimane centrale.  Esso rappresenta ancora la soluzione migliore negli ambientiprivi di luce naturale specialmente durante il giorno, per la sua capacità diriprodurre una temperatura di coloremolto vicina a quella della luce del cielo azzurro ed attraverso una resa spettrale molto più omogenea rispetto alla  freddissima lampada fluorescente. Ma nelle ore serali la luce alogena  rivendica ancora la sua maggiore efficacia estetica e salutogenica, nonostante il suo elevato dispendio energetico che avrebbe determinato, da parte della Commissione Europea, la decisione di fissarne  il "phase out" per il settembre 2016(ad esclusione degli spotlight e dei riflettori e le lampade da tavolo che invece rimangono nel mercato).

Sistema luminoso a moduli 50X50 ciascuno contenente 200 diodi e generante 16milioni di tonalità . Fraunhofer Institute, Stoccarda

Sistema luminoso a moduli 50X50 ciascuno contenente 200 diodi e generante 16milioni di tonalità . Fraunhofer Institute, Stoccarda

La recentissima evoluzione del "tunable" LED , ha poi segnato un ulteriorepasso in avanti nella capacità di offrire , con una sola fonte luminosa , una luce regolabile per le diverse esigenze temporali ,di ambientazione e di benessere; il tutto  con una precisione, risoluzione spettrale e brillantezza superiore alle altre più comuni sorgenti di luce. 

 Al momentoi costi sono ancora poco competitivi, ma l'andamento evolutivodella tecnologia LED lascia molto spazio all'ottimismo, al punto da spingere laCommissione Europea ad estendere la scadenza del phase out delle alogene - sopra citata-  fino a settembre 2018. La speranza è che il tempo possa favorire la disponibilità di tecnologie sostitutive più competitive anche dal punto di vista commerciale e rendere il fenomeno del  "relamping"  quanto più graduale e ben accetto da tutti.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

L' Environmental Psychology applicata ai luoghi per la salute mentale.

In questo blog si parla principalmente di come gli spazi possono aiutare migliorare il benessere dei suoi occupanti, intendendo per benessere soprattutto quello mentale, senza il quale ogni virtualismo estetico o tecnologico fine a se stesso può risulatre inutile se non deleterio. L'occupante di riferimento prinicipale è qui l'utente sano, che non presenta particolari disabilità percettive o cognitive.

Non dobbiamo ignorare però che la maggior parte delle scoperte neuroscientifiche sul funzionameto del nostro cervello e dell'intero sistema nervoso sono avvenute grazie al monitoraggio e alla disponibilità di dati fisiologici delle persone affette da diverse patologie mentali, vuoi per traumi , vuoi per malformazioni genetiche.

La call per il workshop MAdindesign .  Foto dal sito 

La call per il workshop MAdindesign .  Foto dal sito

 

 

Lo svilupparsi di nuovi e diversi campi interdiscilinar in questa area di ricerca confermano l'attendibilità di questo nuovo filone. Ma se si pensa che gli attributi spaziali possano migliorare le nostre prestazioni mentali non si può evitare di valutare la possibilità di concepire spazi dedecati al miglioramento delle condizioni psicofisiche delle persone condisabilità mentali specifiche. E' degno di segnalazione, a tal proposito, l' iniziativa minD Mad in Design  , un progetto didattico e culturale supportato dalla Fondazione CEUR di Torino, che ha come obiettivo finale  la riconfigurazione delle strutture psichiatriche  attraverso la sperimentazioni di spazi più inclusivi rispetto alle persone che presentano fragilità mentali. Questa iniziativa cerca di mettere sul tavolo le problematiche psichiatriche e di trovare soluzioni attraverso il  confronto con le competenze legate alla progettazione.

Attraverso la partecipazione diretta di persone seguite dai servizi di salute mentale, MinD diventa il luogo dove sperimentare e verificare i risultati anche clinici di una cultura del design intesa come processo creativo, comprensivo di un ampio bagaglio di strumenti, nozioni ed esperienze.

Nel bando sono raccolte tutte le informazioni per inviare le candidature. Il termine ultimo per presentare il CV, la lettera motivazionale e l'eventuale portfolio (nel caso di designer e architetti) è il 5 febbraio 2017 alle ore 12.00.

Iniziative come queste servono anche a cambiare la percezione che si ha delle diverse problematiche sociali e l'approccio con cui queste vengono affrontate.

Segnalerei a tal proposito il problema grande, anche dal punto di vista numerico, rappresentato dalla gestione dell'anziano malato, che sia affetto da Alzheimer o solo da semplice e naturale demenza senile. Si tratta di una fetta della popolazione molto ampia che è destinata sempre più a crescere di numero, e che riguarda noi tutti in modo più o meno diretto. Le RSA sparse sul territorio nazionale evidenziano la necessità di ricorrere a nuove stategie di intervento per affrontare problematiche spesso trascurate o ignote. Tra queste soprattutto l'alto livello di stress a cui sono sottopostilo staff (care givers), costantemente in contatto con questa realtà difficile, ed i parenti, o chiunque sia incoaricato della cura di queste persone.

Approfondiremo in seguito questo delicato argomento.

 

 

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Renzo Piano presenta il BUC di Trento

Renzo Piano     foto da artemagazine

Renzo Piano     foto da artemagazine

Non esiste bellezza che non contenga dentro anche il concetto di buono. Una cosa è buona-e-bella, o sennò non è né buona né bella.”  –  “ … Non parlo di Bellezza raggiunta (impossibile) ma di Bellezza cercata che, se c’è, è legata alla luce.“
 

Siamo all’inaugurazione del BUC (Biblioteca Universitaria Centrale)  di Trento, avvenuta lo scorso 19 novembre, e l'architetto Renzo Piano parla dell’importanza della luce per la buona riuscita di un progetto, ne valuta le declinazioni legate alle diverse condizioni atmosferiche e alle diverse fasi del giorno.

L’architetto genovese,  come tanti altri grandi del suo tempo e dei tempi passati, è molto  attento alla domensione multisensoriale dello spazio che progetta, perché sa benissimo che la buona riuscita dello stesso dipende dalla qualità dell’ esperienza d’uso, la quale  va oltre il puro godimento estetico-visivo e non va mai giudicata sulla base di modelli in scala o fotografie. 

Il tetto in vetro è l’elemento fondamentale dell’edificio e non solo per il senso di leggerezza e preziosità che generalmente si associa a questo materiale trasparente, ma soprattutto perché consente un’illuminazione naturale diffusa in quasi tutti i punti dell’edificio. E’ un’esplosione sia di Natura Vera - per la vista sul paesaggio esterno – sia di Natura Simulata  per la scelta del materiale di arredo all’interno, una  massiva presenza in bambù delle scaffalature aperte ed accessibili a tutti: la chiarezza e la  “percepita” tenerezza di questo legno  trasmette forte l’idea di comfort, di accoglienza, di democrazia e soprattutto di benessere.

L’edificio inizialmente era stato concepito per un  centro congressi e aveva previsto un tetto completamente diverso: è stato necessario infatti eliminare quest’ultimo e sostituirlo con una struttura leggera e «traspirante», che è  diventata poi l’emblema del nuovo involucro.

Il momento dell'inaugurazione . Crediti:  G. Ascione

Il momento dell'inaugurazione . Crediti:  G. Ascione

Ma per avere un giudizio completo sull’edificio bisogna valutare l’esperienza offerta anche durante le ore buie dei lunghi pomeriggi autunnali ed invernali, per verificare che la stessa naturalità  espressa di giorno sia fedelmente riproposta anche in assenza di luce solare. Le aspettative  che l’utente ripone quando percorre e vive uno  spazio costruito cambiano a seconda del momento della  giornata, e se al mattino un tripudio di luci forti e multi - direzionali (naturali e non) sono capaci di  eccitare e predisporre al vigore e alla lucidità mentale, diversamente la sera ci si aspetta che l’edificio si trasformi in un rifugio, un luogo dove ritrovare calma e pace.

Le ore serali e notturne potranno offrire all’edificio l’opportunità di rivelare maggiormente se stesso ed imporsi sul paesaggio naturale circostante, piuttosto che accoglierlo e contenerlo.  Noi ci auguriamo che lo faccia nel modo migliore, senza fare rumore: in fondo una biblioteca è soprattutto un spazio pubblico che deve garantire privacy, intimità,  semplicità e compostezza.

L’appuntamento quindi è a tra poche settimane, quando i 6.000 metri quadri di spazi di lettura e i 500 posti a sedere saranno finalmente a disposizione del pubblico.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Empatie e antipatie: origini e sviluppi dell’architettura esperienziale.

La neuro-architettura negli ultimi anni sta definendo in modo sempre più chiaro i suoi campi di indagine, risultando un riferimento sempre più importante nella evoluzione della pratica progettuale. Il paradigma del progetto si arricchisce e assume nuove declinazioni grazie ai contributi scientifici che forniscono evidenze di processi omeostatici (processi di autoregolazione per l’adattamento ai cambiamenti delle condizioni ambientali) che vanno oltre gli aspetti puramente biologici (cellulare, molecolare e organismico) generalmente considerati. Alcuni spazi soddisfano gli occupanti più di altri, e spesso non si capisce quale sia il fattore che determina questo plus valore di tipo qualitativo: esso va oltre l’apprezzamento estetico/visivo o funzionale, mentre si avvicina ad una rigenerante esperienza multisensoriale, la quale rende questi spazi più rispondenti alle nostre aspettative e quindi empatici.

Bruder Klaus Field Chapel di Peter Zumthor .                 Fonte: www.arpadphotography.com

Bruder Klaus Field Chapel di Peter Zumthor .                 Fonte: www.arpadphotography.com

L’architettura esperienziale, o anche architettura aptica così come è definita da Pallasmaa, si insinua in un particolare ambito della neuro-architettura che però soffre molto le controversie che caratterizzano il dibattito scientifico di riferimento. Nel caso specifico ci riferiamo ai neuroni specchio nell’essere umana e alla diatriba sulla effettiva funzione che questi abbaino all’interno del nostro sistema nervoso. Non entreremo adesso nel merito delle diverse interpretazioni che sono state attribuite a queste piccole unità cellulari (rimandiamo la trattazione di tale argomento ad un futuro articolo), ma andiamo invece a considerare correnti di pensiero molto pertinenti al tema in questione, ma che risalgono a tempi remoti. Parliamo di oltre due secoli fa, quando le tecniche neurofisiologiche e di neuroimmagine non esistevano ancora. Nel diciannovesimo secolo filosofi e psicologi affrontavano con profondità i temi dell’empatia dello spazio, e lo facevano relativamente all’estetica, dal momento che la percezione visiva costituiva il tema centrale nel dibattito culturale psicologico dell’epoca.

Ritratto Vernon Lee di J.S.Sargent 

Ritratto Vernon Lee di J.S.Sargent 

Se infatti il termine empatia era originariamente riferito alla capacità di comprendere a pieno lo stato d'animo altrui, a partire dalla metà del 1700 ha assunto la sua accezione riferita alla dimensione spaziale. E’ l’epoca in cui i filosofi tedeschi facevano riferimento al termine einfuhling, o meglio, al verbo eimfuhlen, che significa letteralmente "sentire in”, per indicare il significato di appartenere a , essere associato con. Si incominciò poi a parlare di empatia relativamente agli oggetti inanimati grazie a Vernon Lee, donna intellettuale inglese nata in Francia nel 1848, che trascorse la maggior parte del la sua vita in Italia e che subì l’influenza di filosofi e psicologi tedeschi come Lipps e Groos. Il vero nome di Vernon Lee era Violet Paget ed era conosciuta principalmente come scrittrice piuttosto che per le sue ricerche (destino comune per tutte le donne di quel periodo), ma può ora essere considerata una delle fondatrici della psicologia estetica. E’ stata lei la prima ad asserire che la percezione di un oggetto è caratterizzata da episodi di risonanza simpatetica all'interno del nostro corpi, e che possiamo usare questa esperienza corporea come strumento di indagine. Tale sua interpretazione meccanica e callistenica della percezione degli oggetti inanimati risulta abbastanza spinta anche per i tempi in cui viveva. Riportiamo di seguito un passo in cui lei stessa descrive la sensazione corporea che si innesca alla visualizzazione di una semplice brocca di vetro: 

… sento la pressione sui miei piedi sul pavimento quando guardo la base, ed una sensazione di ascesa quando guardo la sua forma per intero, ed una pressione sul mio capo quando visualizzo le sporgenze del bordo superiore …

Nel corso del tempo è accaduto che la scienza sia diventata sempre più empirica e basata su accertamenti di dati comportamentali misurabili e confrontabili, sminuendo la dimensione introspettiva. Molti campi di indagine in cui contava la dimensione soggettiva sono stati privati di validazione scientifica, lasciando molte questioni insolute e diventando sterili. Eppure ancora adesso, se cerchiamo il termine empatia in dizionari di filosofia e psicologia di non molti anni fa (1) troviamo che la definizione riprende i concetti esperienziale dei secoli scorsi, riferendosi quindi prevalentemente all’esperienza corporea nella percezione degli oggetti spaziali inanimati. Un esempio esplicativo tipico è quello della colonna e della tendenza di noi umani ad identificarci con essa, in modo tale da sentirci scomodi e inadeguati a sostenere il peso sorretto quando vediamo la stessa essere molto sottile, oppure, se la colonna è tozza, di percepirci come grossi e goffi. Questa interpretazione dell’esperienza percettiva, spogliata dagli eccessi formali della Lee, si avvicina molto anche alle teorie contemporanee dell’ embodied cognition e della situatedness, le quali affermano che l’esperienza del mondo che ci circonda avviene nella stessa misura sia attraverso il corpo che attraverso la mente. Si tratta di correnti di pensiero che creano spaccature all’interno della categoria di neuro-scienziati e che lasciano perplessi anche gli architetti, dal momento che fa riferimento a livelli di sensibilità, o meglio di sensorialità, che non è tipica degli umani tutti ed è ancora troppo legato all’arbitrarietà del pensiero soggettivo.

Immagine di Giuseppina Ascione

Immagine di Giuseppina Ascione

Al momento, però, ci sono altri campi di indagine neuroscientifica che hanno finalità pratiche nella disciplina architettonica, e sono tutti argomenti che - pur sottintendendo la connessione mente/corpo - riportano risultati scientifici oggettivi, di immediata applicazione in campo progettuale, e gettano le basi per ulteriori campi di indagine. Lo spazio costruito ha un forte potenziale come strumento di benessere dal momento che può interferire nel dialogo continuo tra il nostro sistema nervoso e il resto del nostro organismo: se il dialogo è costruttivo, questo andrà beneficio del nostro sistema neurofisiologico e del nostro stato di benessere. Pertanto gli architetti sono invitati a non coltivare alcun scetticismo sul rapporto interdisciplinare: il lavoro sperimentale condiviso dalle neuroscienze e della architettura è solo all’inizio del suo percorso, e non è escluso che in questo processo si possano trovare i punti di connessione tra campi di indagine attraverso il superamento delle apparenti dicotomie.

  1. The Oxford Companion to the Mind R.L.Gregory, Oxford U.Press, 1987
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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Gli Spazi Contemplativi: un nuovo approccio alla progettazione

 Pratiche contemplative: aree applicative  e tipologie spaziali connesse.     Immagine di Giuseppina Ascione 

 Pratiche contemplative: aree applicative  e tipologie spaziali connesse.     Immagine di Giuseppina Ascione 

 

L’omeostasi (fisiologica) è la capacità del nostro corpo di adattarsi costantemente alle condizioni ambientali circostanti. Questi adattamenti del corpo, necessari per la nostra sopravvivenza, operano attraverso una serie complessa di reazioni metaboliche. Sudiamo quando abbiamo caldo  e abbiamo sete quando l'ambiente circostante è troppo secco, e tutto questo per raggiungere equilibri dinamici che richiedono continui cambiamenti. Molto spesso tali cambiamenti avvengo senza che noi ne siamo consapevoli, e solamente nel caso di variazioni improvvise e intense noi avvertiamo la sensazione di sentirci meglio o peggio, a seconda di quanto il nuovo stato di equilibrio  risulti benefico o stressante.

Esiste una forte analogia tra il modo in cui la nostra mente ed il nostro corpo reagiscono ai valori alle caratteristiche ambientali ed è per questo importante che i progettisti siano consapevoli del fatto che una specifica  scelta di determinati attributi spaziali può determinare altrettanto specifici stati mentali degli occupanti, siano essi di tipo emotivo, cognitivo o relazionale.

Le chiese sono i primi esempi di progettazione che sfruttano parametri fisici per evocare uno stato mentale particolare. Nelle culture cristiane, questi tipi di edifici sono stati costruiti con l'obiettivo di consolidare la fede in un ente superiore e di spingerlo in un atto di dipendenza e umiltà attraverso la manifestazione di riti collettivi.  

John P. Eberhard nel suo libro (1) distingue gli "spazi spirituali" dagli "spazi sacri": i primi sono designati a scopi religiosi mentre i secondi cercano esclusivamente di evocare al visitatore sensazioni trascendentali. In entrambi i casi, però, siamo ben lontani da quello che uno stato contemplativo della mente è, vale a dire un’osservazione profonda del proprio  stato mentale.

Sala di preghiera/meditazione -Aeroporto di Monaco.  Foto di Giuseppina Ascione

Sala di preghiera/meditazione -Aeroporto di Monaco.  Foto di Giuseppina Ascione

Ogni attività legata alle diverse destinazioni di uso, siano esse riferiti a scuole, a uffici, a centri commerciali, ecc.,  richiederebbe uno spazio contemplativo specifico per una specifica pratica di meditazione. La meditazione migliora la qualità della nostra vita non solo perché aiuta a liberarci dai cattivi sentimenti legati allo stress, l’ansia e la depressione, ma è addirittura strumentale al raggiungimento o miglioramento delle competenze specifiche richieste. Una breve pausa dedicata alla cura della propria persona, e che non sia solo di tipo fisico, può aiutare nel lavoro a rigenerarsi mentalmente e aumentare la creatività, mentre nelle scuole i bambini sono aiutati a raggiungere un migliore stato attentivo e bilanciare gli impulsi alla iperattività. 

Le acquisite capacità di trasformazione e di sviluppo derivanti da pratiche contemplative , unite all'ondata innovativa portata dalla tecnologia invisibile, e sulle basi di un progresso più sostenibile e responsabile, stanno cambiando l'identità di essere umano, il quale sente la necessità di comprendere e definire meglio  la sua individualità  al fine di poterla meglio controllare. 

 

         Routine quotidiana.        Immagine di Giuseppina Ascione 

         Routine quotidiana.        Immagine di Giuseppina Ascione 

Gli effetti benefici della contemplazione in ogni aspetto della nostra vita sta per arricchire la nostra routine quotidiana e diventare una attività fondamentale come il mangiare ed il dormire. Ciò significa che l’intero programma e paradigma progettuale va rivisitato  per poter affrontare la nuova complessità. Le variabili di riferimento per questo cambiamento sono diverse ed interagenti: le diverse aspettative performative, i diversi background culturali, i relativi profili psicologici individuali vanno tutti coordinati con la scelta tra le diverse pratiche  contemplative di riposta ad ogni singolo caso.

Note 1: "Brain Landscape. The Coexistance of Neuroscience and Architecture" John Paul Eberhard, Oxford 2009

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Floating break: 20 minuti di ricarica

Le nuove conoscenze acquisite in campo neurofisiologico hanno aperto la strada ad un modo tutto nuovo di concepire la cura di se stessi, intesa ormai non solo al  miglioramento delle  qualità estetiche e delle performance  fisiche.  L'Edonismo  degli anni  '80 è ormai lontanissimo e la celebrazione della bellezza fine a se stessa batte gli ultimi colpi, poiché sembra essere assorbita all'interno di una nuova visione della cura del sè, quella che  mira soprattutto all' empowerment, cioè ad un miglioramento delle proprie capacità emotive e cognitive. Attualmente l'uomo è alla ricerca di un equilibrio interiore, di un'approccio olistico per la risoluzione  delle situazioni stressanti, e di conseguenza luoghi come le spa, le palestre ed i centri estetici di vecchia concezione si vedono costrette ad adeguarsi  alla nuova domanda.

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Foto  di Francesco Moretti 

A che pro sperare di diventare più belli e prestanti se poi la vita ci trova impreparati e deboli ad affrontare le sfide sociali e emotive?  Tale richiamo è avvertito da tutte le categorie sociali : lavoratori, pensionati, studenti.

Si tratta di un fenomeno molto simile a quello che si sta  verificando nel mondo della progettazione architettonica, dove i facili consensi per le forme libere e trasgressive delle archi-star lasciano il posto al crescente apprezzamento verso una nuova funzionalità, che pone il benessere psicologico e fisico dell'occupante al primo posto rispetto ai virtuosismi di stile.

Assistiamo quindi ad una trasformazione dei servizi dedicati alla salute del corpo per l'adeguamento alla nuova utenza che riconosce l'imprescindibilità del benessere fisico da quello sociale, mentale e spirituale.

 

Questo spiega il successo del lancio, al Salone del Mobile 2016 , di un nuovo prodotto, che pur destinato alle Spa ed ai centri di Bellezza e Benessere tradizionali, si presenta come una integrazione di idee innovative tali da poter rivoluzionare l'organizzazione del quotidianità in diversi contesti.

Zero Body (prodotto da Starpool S.r.l.) è il nome di un lettino per il rilassamento sfrutta gli effetti benefici del galleggiamento legati alla deprivazione sensoriale e che sono ormai noti in letteratura scientifica. Negli Stati Uniti sono già numerosi i centri che offrono servizi simili a questo, ed ogni anno la città di Portland ospita la "Float Conference" per promuovere la pratica e favorire la formazione di una grande comunità fatta di ricercatori, produttori e gestori dei centri dedicati. 

 

Gli effetti del galleggiamento consistono in una risposta di rilassamento, e cioè una maggiore attivazione del sistema nervoso parasimpatico: il ritmo cardiaco diminuisce, la pressione arteriosa diminuisce, il ritmo respiratorio rallenta, e a catena una serie di altri effetti che sono diametralmente opposti a quelli indotti dalla risposta da stress, che attiva maggiormente il sistema nervoso simpatico. Le condizioni favorevoli indotte pertanto dal galleggiamento e dalla attenuazione della stimolazione sensoriale, attraverso anche una illuminazione adeguata, favoriscono l’induzione di stati mentali contemplativi, quali la mindfulness. Tutto ciò viene facilitato con l'offerta congiunta di un'applicazione/guida (Nu Relax - prodotto da Neocogita S.r.l.), la quale aiuta a scegliere e a seguire, passo passo, i diversi percorsi meditativi. A seconda delle esigenze personali si può optare per un percorso che favorisce uno stato di completa calma o di stabilità,  oppure ci si può predisporre ad uno stato mentale creativo e brillante.

Il design è semplice ed essenziale: il materasso ad acqua è riempito in modo da neutralizzare  al massimo la sensazione del proprio peso, per simulare appunto la sensazione di galleggiamento. Inoltre la differenza di temperatura tra il proprio corpo e l'elemento di appoggio viene quasi annullata per ridurre al minimo la percezione del proprio corpo e migliorare  l'efficacia a livello neurofisiologico. Si evita pertanto il contatto diretto del corpo con l'acqua, con conseguente vantaggio di consentire questa  pratica rilassante in diversi contesti, anche quelli lavorativi,  in cui il fattore tempo è molto importante.

Non sottovalutiamo le conseguenze sociali che la  tendenza di tale pratica potrebbe avere in futuro, specialmente se il servizio si apre indistintamente a tutti (si pensi ad uffici, edifici istituzionali, che mettano questo servizio a disposizione dello proprio organico). Si ritornerebbe al vecchio concetto delle terme romane. e cioè di luogo pubblico che offre a chiunque impianti igienico-sanitari  di ultima generazione.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Gaming Architecture per le Neuroscienze

Gamification* come soluzione per integrare le neuroscienze con le altre discipline architettoniche ? 

La notizia della morte di Zaha Hadid che giunge poco dopo la cancellazione del suo progetto per le Olimpiadi di Tokyo, e dopo la dichiarazione del presidente cinese Xi Jinping sul non voler più promuovere "architettura strana",credo segni la fine di un'era. Il pragmatismo prenderà nuovamente piede e soppianterà la forza immaginativa e innovativa liberata dalla rivoluzione digitale. Credo che le  ambizioni in questo  periodo siano (stati) molto positivi ed in una certa misura siano riusciti ad inspirare le persone attraverso spazi sorprendenti.

Zaha Hadid - Terminal di Daxing (Immagine by Deezen)

Zaha Hadid - Terminal di Daxing (Immagine by Deezen)

Ho condiviso questa ambizione. Quando lavoravo al mia tesi di  laurea ho manifestato questa miaingenua ambizione con le seguenti parole: "Gli ambienti che creo siano spazi del cambiamento, sedi di scoperte scientifiche, luoghi in cui le persone si innamorano, luoghi dove grandi organizzazioni nascono e imploranti cause vengono perorate. Voglio creare luoghi dove le leggi di Newton sono insegnati agli Einstein del futuro e dove venga celebrata la formulae= mc2".Questa affermazione mi ricorda la call ambiziosa di Giuseppina Ascione per un approccio equilibrato alla progettazione che utilizza i principi umano-centrici della progettazione (HCD). 

Ora siedo in un posto dove è facile perdersi in minuzie edimenticare quelle che erano le mie motivazioni originali.

La sovrapposizione tra neuroscienze e l'architettura riapre adesso un piccolo scorcio sulla mia ambizione iniziale. Credo che le questioni circa la logistica o la collaborazione neuroscienze/architettura facciano ormai parte del pensiero di professionisti e studiosi di tutto il mondo e rendano possibile  raggiungere tale traguardo.

Spesso si verifica che più sono gli esperti coinvolti  in un processo , iù questo diventa inefficiente. Eppure, essendo io amante della complessità, immagino che il cliente perfetto sia quello disposto a riunire gli esperti di molte discipline, per cogliere le diverse sfumature e raggiungere la magnificenza: gli UX designer, gli ingegneri ergonomici, i designer industriali, gli storici, i pianificatori, gli urbanisti, gli artisti, gli esperti di Feng Shui, i neurofisiologi, ecc.. 

Tuttavia una tale complessità richiederebbe un enorme sforzo da parte della burocrazia governativa per potere stare al passo. Facilmente ci si troverebbe di fronte a progetti senza fine, o che non realizzano fedelmente leidee iniziali, ( eventualmente con un aumento del loro costo). Un approccio diverso potrebbe essere proposto attraverso una sorta di gamification(1) ed un’analisi  dei problemi che si svolga attraverso un confronto alla pari tra diversi attori . Può la gamification essere una soluzione progettuale che ci permette di integrare le neuroscienze nelle discipline del design ?

La gamification presenta in sé implicazioni neurologiche che possono favorire e aumentare la produttività tra soggetti e dei soggetti. Un articolo dal Pew Research Center di Anderson e Rainie del 2012 racconta: "… i neuroscienziati stanno scoprendo sempre di più sui modi in cui gli esseri umani reagiscono a tali metodi di design interattivo. Si dice che tali interazioni causino reazioni chimiche che ci fanno sentire bene e alterano le nostre risposte agli stimoli migliorando i tempi di reazione, per esempio,  e in certe situazioni addirittura l'apprendimento, la partecipazione e la motivazione". 

Questo migliora ulteriormente la nostra possibilità di includere esperti nel processo di progettazione.

Considerate la scoperta, da parte di ricercatori presso l'Università di Washington, così come riporta il lor articolo: "una ricerca crowd-sourced ha svelato il  mistero di come una proteina chiave può aiutare a curare l'HIV. Il gioco ha attirato 46.000 partecipanti che hanno impiegato solo 10 giorni per risolvere un problema che gli scienziati stavano studiando da 15 anni.". Aggregare diverse competenze in una rete peer-to-peer(2) consente di ben ponderare il problema e di giungere ad una soluzione con maggiore 'efficienza e sulla base di maggiori informazioni.

Questo può diventare un ottimo strumento per aprire la partecipazione a molti e consentire il contributo da parte delle migliori  competenze in campo progettuale. Esistono già esempi che adottano questo metodo soprattutto nel settore dell'ingegneria con squadre basate sul crowdsourcing che stanno affrontando sfide sempre più grandi. Non mancano esempi anche all'interno della comunità dei designer : organizzazioni come Architecture for Humanity oppure la neonata Open Architecture Collaborative rappresentano un sistema di esperti basato sul  peer to peer. Il passo successivo sarà quello di coinvolgere le comunità interdisciplinari per affrontare sfide di progettazione in modo iterativo che possano venire fuori con proposte risolutive prima inconcepibili. 

In conclusione possiamo pensare di riconsiderare tutte le  problematiche legate alla progettazione  che in questi ultimi due millenni hanno atteso di avere risposte,  e che alla luce di queste nuove metodologie, quali appunto il gamification ed il  peer-to-peer”, possiamo finalmente concepire una progettazione architettonica integrata, capace di riunire tutte le competenze nuove, neuro scientifiche e non solo,  necessarie per creare spazi di qualità. 

NOTE: (*)(1) l'utilizzo di elementi mutuati dai giochi e delle tecniche di game design
in contesti esterni ai giochi per diffondere informazioni (educare- promuovere).
(2) Rete di partecipazione e condivisione dati di ricerca di tipo paritario, non
gerarchizzato.
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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Una risposta per Gropius:There will be a science of Design

C'è un frenetico turbinio di iniziative  sul tema del design e sulla linea di sviluppo che esso dovrà percorrere. Conferenze, eventi celebrativi e bandi di gara si propongo quasi in simultanea e spesso ignorandosi fra di loro: essi provocano una sorta di dispersione energetica che a volte intralcia la collaborazione tra le diverse discipline, o tra i vari gruppi di lavoro interdisciplinari, forse perché si lavora per evidenziare i punti di divergenza piuttosto che quelli di contatto, forse perchè c'è ancora confusione su quali debbano essere i riferimenti scientifici.

 

Tra gli appuntamenti del primo semestre di quest'anno troviamo Londra, dove si è da poco conclusa Conscious Cities, mentre a San Diego l'ANFA apre a nuovi studi di ricerca da presentare alla  International Conference del prossimo settembre. Seattle sarà presto sede di una summit che sigilla un connubio tra il Living Building Challenge e l'istituto di ricerca Terrapin, baluardo del design biofilico, proprio mentre  Rick Fedrizzi, forse cosciente dei limiti che i crediti LEED presentano sulla salvaguardia del benessere dell'utenza, apre le porte al WELL Building Standard.

Esistono poi altre iniziative di ricerca globale e trasversale, quale il progetto di neuroarchitettura ROOMS  (lo IUAV tra i suoi principali partners) che cerca di superare gli ostacoli economici e burocratici di una partecipazione aperta a tutti ricorrendo ad un modello originale dicrowdfunding.  

Quello che emerge da questo fenomeno è la necessità di effettuare un cambio di marcia nel mondo della progettazione e dello stesso modo di fare ricerca. Quest'ultima non è più prerogativa unica delle accademie, ma inizia ad essere fagocitata dal mondo imprenditoriale e dal suo appetito per investimenti intelligenti che abbiano fini"etici" piuttosto che puramente di profitto. La ricerca è disorientata e allo stesso tempo crea disorientamento in coloro che finora  hanno trovato  un riferimento fermo e sicuro. Le università hanno capito bene che aria tira e, pur cercando di adeguarsi, procedono con andatura da elefante peril timore di contaminarsi e perdere la propria identità e purezza.

Ed ecco che arriva l'onda rivoluzionaria, in realtà già in atto da qualche anno, attualmente cavalcata dal MIT di Boston con il suo" Journal Of Design and Science" (fondato già nel 1985), con l'idea di cambiare radicalmente il modo di legittimare la ricerca. Un 'apertura più democratica al confronto scientifico che si basa sul "peer to peer review", cioè che si svincola dall'analisi lenta e cattedratica degli anonimi revisori nominati di volta in volta (peer review), ma si espone alle modifiche di chiunque creda di avere qualcosa di interessante da dire.

C'è il rischio di una banalizzazione dei problemi affrontati, oppure siamo di fronte l'opportunità di ascoltare validiopinioni da chi è rimasto tagliato fuoridal confronto a causa di un sistema arrugginito e anche , a volte, corrotto ?

Nel campo del design (dando per scontato che si tratti già di progettazione sostenibile e umano-centrica), tale atteggiamento inclusivo è assolutamente necessario oltre che auspicabile. Un "antidisciplinarità" contro la interdisciplinarità, per usare le stesse parole di Jui Ito, direttore del MIT Media Lab, può essere la giusta via per poter coinvolgere simultaneamente  attori importanti di diversa estrazione culturale, i quali finalmente uscirebbero dall'ombra della critica sterile o dell'intervento postumo e per questo vano. Perché mai escludere categorie che sappiamo bene essere importanti contribuenti nella modellazione e caratterizzazione dei nostri ambienti quali gli psicologi, filosofi, artisti ?

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Verde o Blu: che colore ha la nostra anima?

La sensazione di piacere legata a qualsiasi nostra esperienza percettiva trova sempre spiegazione nella assonanza degli stimoli subiti con i fenomeni o elementi della natura. Riproduzioni astratte quali i frattali ci affascinano per la loro analogia  con gli alberi ed il semplice rumore della pioggia ci fa indugiare su un'azione per lo stato di improvvisa quiete che riesce ad infondere. Queste constatazioni ci trovano più o meno tutti d'accordo e la stessa ricerca ci conferma che,  in determinate circostanze, siano sempre le aree cerebrali addette al piacere (nucleus accumbens) ad attivarsi. 

Foto di N. De Pisapia

Foto di N. De Pisapia

Ma quando si cerca di spiegare il perché di questa nostra propensione, l'unica risposta ci viene fornita dall'ipotesi biofilica. Tale ipotesi, che rimane tale,  parte dal concetto che gli esseri umani siano geneticamente predisposti a sentirsi affiliati alla natura perché è in essa che si sono evoluti nel lungo tempo trascorso dalla loro comparsa. Gli ultimi 10.000 anni di progresso civile, con conseguente antropizzazione dell'habitat, nulla possono contro l'influenza dominante dei milioni di anni vissuti da semplice animale superiore in continua lotta per la sopravvivenza.  Anche quando i ricercatori hanno messo a confronto i ruoli che hanno i diversi tipi di capitale (umano, sociale, materiale e naturale) sulla valutazione del proprio livello di benessere,  ne è risultato che è sempre il capitale naturale a vincere su tutti.

Ma qual è l'ambiente naturale a cui si fa riferimento ? Inaspettatamente, nonostante "green" sia l'appellativo più usato per le diverse iniziative ambientaliste ed ecosostenibili, il paesaggio acquatico vince alla grande il confronto con il paesaggio verde dei boschi o delle praterie.

Copertina libro

Copertina libro

L’autore del libro "Blu Mind", Wallace J. Nichols, non ha dubbi a riguardo, e riporta diverse ricerche che spiegano come mai la presenza dell'acqua sia determinante nelle valutazioni di un luogo, sia esso per la scelta di una vacanza o di un acquisto di un immobile. Il mare, ma anche i laghi ed i fiumi, ci offrono occasioni di interazione che coinvolgono tutti i nostri sensi: l'effetto "sparkling" dei riflessi dell'acqua in movimento,  il rumore  "rosa" delle onde, la possibilità di toccare l'acqua e rinfrescarsi, l'assenza/presenza di odori e sapori, ci pongono di fronte ad una esperienza ricca come nessun'altra. Un tuffo nell'acqua ci dà la possibilità di vivere l'elemento da ogni punto di vista - da sopra e da sotto - e, soprattutto, cambia la percezione del nostro corpo e del suo peso. Infine, più importante di tutti, lo specchio d'acqua ci restituisce la luce blu del cielo, elemento fondamentale per il corretto funzionamento del nostro metabolismo. 

La multisensorialità è un aspetto importantissimo della nostra vita: ogni esperienza è un orchestra di sollecitazioni dei diversi sensi, anche quando non ce ne accorgiamo. Sarebbe difficile avere una giusta ed identica percezione di un fenomeno se improvvisamente venisse a mancarci un senso. Il grado di piacevolezza di una situazione mentale e fisica non  dipende solo dalla qualità delle sollecitazioni, ma soprattutto dalla loro armonia e dalla ricchezza del coinvolgimento sensoriale: in questo l'acqua  ci offre un'esperienza unica.

L'associazione dell'acqua al colore blu fa sì poi che la preferenza ricada anche su questo colore piuttosto che su quello verde "concorrente". Gli uomini tutti, sia di genere maschile che femminile, preferiscono il colore blu, anche se esso è raramente presente in natura viva: sono pochi i fiori blu, specialmente se si esclude la sfumatura del violetto, e tra gli animali si contano per lo più farfalle e qualche uccello. 

Nonostante il colore blu possa a volte assumere un significato macabro, poichè collegato all'idea di un corpo senza vita, è l'idea di bello, pulito e calmo, strettamente collegato all'acqua,  ad essergli generalmente attribuita.Guai, però, a tradire quest'aspettativa: l'acqua deve essere blu, o al massimo avvicinarsi ad alcune gradazioni di verde, e mai presentare rifiuti o altre tracce di inquinamento. Gli effetti negativi  a livello psicologico sarebbero enormi, poichè verrebbero annullati, se non ribaltati, gli effetti rigeneranti che i paesaggi d'acqua generalmente offrono.(1)  Ma questo, si sa, vale anche in molti altri casi.

NOTE
(1) K. J. Wyles, S. Pahl, K.Thomas, R.C. Thompson
Factors That Can Undermine the Psychological Benefits of Coastal Environments. Exploring the Effect of Tidal State, Presence, and Type of Litter. Environment and Behavior, July 3, 2015

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Come saranno le scuole di domani?

Le ragioni di questo insuccesso sono molteplici e se si crede che miglioramenti in campo architettonico, quali quelli legati alle migliorie tecnologiche (controllo acustico, termo-igrometrico, ecc.)  o quello legato all'eco-sostenibilità, possano essere sufficienti a fornire una risposta soddisfacente alla esigenza di cambiamento, si sta navigando ancora in acque alte. 

Tipica aula anni '50 e '60

Tipica aula anni '50 e '60

 

Ciò che viene principalmente messo sotto accusa è il modello pedagogico :il metodo della lezione frontale è definitamente morto ed è necessaria una rivoluzione delle configurazioni  spaziali. Qualora venissero proposte nuove aule tecnologiche e digitalizzate per una scolaresca omogenea di circa 20 ragazzi, i risultati sul rendimento non sarebbero migliori. Flessibilità, mobilità, adattabilità sono le nuove parole d'ordine e questo non solo per rispondere alla "diversità" del processo cognitivo, ma anche all'individualità dello sviluppo emozionale. 

Sedute per ragazzi affetti da ADHD -  Lior Ben-Sheetrit -  Photo by Roi Mizrahi/Xnet

Sedute per ragazzi affetti da ADHD -  Lior Ben-Sheetrit -  Photo by Roi Mizrahi/Xnet

Fondamentale a questo riguardo è anche l'elemento luce, la cui efficienza fotonica assume un ruolo secondario rispetto  a quella circadiana. Se è vero che l'uomo è un orologio biologico che funziona al meglio quando i ritmi della sua giornata seguono l'evoluzione della   luce naturale, questo implica che l'organizzazione delle attività didattiche tengano conto di questo.

L'essere umano è predisposto all'attenzione e alla  concentrazione nelle ore mattutine , quando la luce passa dal giallo al blu (che solo il cielo ci offre in modo adeguato),  ed affronta l'esercizio fisico in modo ottimale con la luce pomeridiana. Esperimenti scientifici provano che un distacco da questo ritmo può causare  depressione e addirittura malattie irreversibili: come non tenere conto di questo aspetto quando si deve progettare un'edificio della formazione?

Fornire ai ragazzi un supporto allo sviluppo delle capacità cognitive, percettive  ed emotive è prioritario rispetto al nozionismo puro; è veramente strano come questa logica sia ben applicata al protocollo delle scuole della prima infanzia e dell'età prescolare, per poi essere bruscamente interrotta per le fasi scolari successive. I bambini, almeno quelli più fortunati che hanno potuto frequentare la scuola dai primi anni di vita, vengono improvvisamente catapultati, all'età di sei anni, da una ambientazione attenta ai processi interattivi, ad una asettica scatola rettangolare che, nel migliore dei casi, risulta dotata di una "inorgogliente" lavagna multimediale. Eppure è ben risaputo che lo sviluppo di molte facoltà mentali, oltre che  fisiche, si conclude solo con l'adolescenza (per esempio lo sviluppo del senso dell'orientamento si conclude a 12 anni). 

Fondamentale la ricreazione all'aperto

Fondamentale la ricreazione all'aperto

Insomma, progettare una scuola oggi rappresenta una vera e propria sfida sia per la ricchezza dell'agenda, sia per l'interdisciplinarità delle competenze da coinvolgere, sia per il continuo e progressivo aggiornamento della letteratura di riferimento, cose che rendono impossibile l'adozione di uno schema o modello già esistente.

Il concorso di idee che il Ministero dell'Istruzione bandirà a breve, attraverso un fondo apposito messo a disposizione da Inail, sembra interpretare questa nuova esigenza di realizzare innovativi ambienti di apprendimento: speriamo che gli architetti accetteranno la sfida e dimostreranno di essere all'altezza.

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Giusi Ascione

Architetto abilitato dal 1992, LEED Green Associate, con un’esperienza decennale all’estero presso studi di progettazione internazionali (Burt Hill, EMBT/ RMJM, Forum Studio/Clayco). Rientra in Italia nel 2008 per avviare ABidea, dedicato alla progettazione e al retrofit. Nel frattempo presta consulenza presso Proger Spa, NeocogitaSrl, collabora con il GBCItalia. Consulente architetto per spazi rigeneranti e formatore di CFP per architetti, è coinvolta anche in attività di ricerca interdisciplinare centrata sulle relazioni tra il comportamento umano e lo spazio costruito. (EBD - Environmental Psychology)

Non solo"smart".Per una città antropocentrica

Tessuti urbani

Tessuti urbani

Quando si dice "Smart City" l'idea immediatamente associata è quella di una metropoli densa, digitalizzata, interconnessa, efficiente soprattutto per l'ottimizzazione dei consumi energetici e l'informazione condivisa in tempo reale. Il tutto è al servizio delle istituzioni, delle aziende e, in ultimo, del privato cittadino. Tralasciando la questione su quanto questo sia vero sulla carta e quanto nella realtà, c'è da osservare che il modello "intelligente" trascura quello che dovrebbe essere il principale obiettivo della pianificazione territoriale: il benessere spirituale e sociale, nonché intellettuale, del cittadino. L'agglomerato, sia esso urbano che rurale, è espressione e testimonianza della cultura di un luogo, e, in quanto tale, detiene la responsabilità digestire e governare una vita sociale salubre, attraverso l'espressione di valori etici e spirituali  che si esprimono con segni, suoni, odori. 

Montreal - Luminoterapia  (via  www.landarchs.com)

Montreal - Luminoterapia  (via  www.landarchs.com)


Per avere un'idea dell'importanza che un singolo segnale può avere sulla nostra mente consideriamo, da sola, l' esperienza visiva. Un qualunque elemento  che si incontra lungo un percorso viario viene sottoposto a una duplice interpretazione e codificazione: quella della visione centrale, che interpreta il suo significato intrinseco, e quella della visione periferica che lo colloca in un contesto scenico e lo carica di significati aggiunti fatti di ambientazione e eventi correlati. Damasio(1) sovrappone a questo doppio momento percettivo l'emozione primaria  - di natura primitiva -  e quella secondaria, di livello superiore, con la quale si forma la "sensazione" che caratterizza le nostre esperienze di vita e che quindi definisce i nostri comportamenti.

Questa semplice considerazione fatta solo sulla esperienza visiva ci fa capire l'importanza che un determinato contesto urbano può avere  sulla caratterizzazione di un gruppo, di un popolo.  

Se consideriamo il fatto che l'esperienza di noi umani è sempre multisensoriale, si intuisce che la responsabilità che ci investe nella definizione degli spazi urbani è enorme, nonostante sistimi che impieghiamo mediamente solo il 10% della nostra giornata negli spazi esterni. E se è vero che la complessità che pervade le metropoli apre a problemi di carattere pratico e numerico, come la gestione dei flussi e la distribuzione dei beni, è necessario anche adoperare strategie del design urbano per migliorare il benessere psicofisico dell'individui, prevedendo e definendo un "mentalscape" (2) positivo.

 

SouthBank arbour Brisbane (via landarch.com) 

SouthBank arbour Brisbane (via landarch.com)

 

L'essere umano è l'interazione con il territorio in cui cresce e vive: con esso egli stabilisce un rapporto simbiotico che lo trasforma costantemente con effetti nei tempi  brevi, medi e lunghi. Creare le condizioni ideali che evitino l'insorgere di fattori stressanti e che possano migliorare le nostre capacità intellettive è possibile strumentalizzando le numerose variabili che caratterizzano il luogo. Tracciati viari di facile decodificazione, facciate di edifici che considerino la loro potenzialità espressiva, aree verdi, installazioni artistiche, sono tutte occasioni per offrire esperienze rigeneranti.

Una città in armonia con il nostro benessere mentale può strumentalizzare i suoi elementi per offrire una positiva esperienza estetica: il passeggio lungo le strade, l'accesso ai mezzi di trasporto, le pause e le soste,che venga fatto in modo consapevole o non, possono diventare delle vere e propriepratiche contemplative che ci aiutano a vincere le ansie, a gestire lo stress, a modulare le emozioni, a migliorare le nostre capacità intellettive.


Note:

(1)  Antonio R. Damasio, L'errore di Cartesio. Emozione, ragione e cervello umano, Adelphi, 1995

(2)   Marteen Jacobs, The production of mindscapes: a comprehensive theory of landscape experience, 2006

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Giusi Ascione

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